• Chi siamo
  • Vuoi collaborare?

Malastrana VHS

~ i film più oscuri e dimenticati

Malastrana VHS

Archivi della categoria: animali assassini

Madhouse

27 sabato Apr 2019

Posted by andreaklanza in animali assassini, M, Recensioni di Andrea Lanza, slasher, thriller

≈ 3 commenti

Tag

Allison Biggers, cagnacci, Dennis Robertson, Don Devendorf, Doug Dillingham, Edith Ivey, Huxsie Scott, Janie Baker, Jerry Fujikawa, Joe Camp, madhouse, Michael MacRae, Morgan Hart, ovidio assonitis, Richard Baker, There Was a Little Girl, Trish Everly

Madhouse fa parte di quegli slasher che non si sa perché non sono mai usciti in Italia. Eppure, all’epoca, la pubblicità nostrana avrebbe potuto puntare la sua campagna con titoloni alla Cannibal Holocaust come “L’horror che non vi vogliono fare vedere!” o “Così shockante da essere vietato“, visto che in Inghilterra questa pellicola era stata inserita nei video nasties ovvero quei titoli troppo violenti e disturbanti per essere proiettati nelle sale britanniche.

maxresdefault.jpg

Invece nulla: nel 1981, anno di Madhouse, abbiamo fatto la figura dei fessacchiotti non distribuendo non solo questo film, ma anche opere notevoli come The Burning di Tony Maylam, Final Exam di Jimmy Huston, Nightmare in a Damaged Brain di Romano Scavolini e naturalmente lo slasher degli slasher, sua maestà Hell Night.

A girare questo feroce slasher è Ovidio Assonitis, produttore tra i più difficili esistenti sul Pianeta Terra, noto per aver diretto più film di quelli effettivi. Infatti era sua consuetudine che, se un regista si dimostrava lento o incapace, lui lo licenziava e finiva il lavoro da solo. Era successo con James Cameron sul set di Piranha Paura (“troppo inesperto e bisognoso di appoggio“), ma la lista è lunghissima, piena di autori rivelatisi meno bravi del previsto. Per lui ovviamente.

madhouse-1981-1108x0-c-default.jpg

Come regista il suo capolavoro è il mefistofelico Chi sei? del 1974, ma è indubbio che il nostro avesse sempre e comunque un occhio particolare nel girare gli horror anche quando erano cose molto brutte come The train del 1989, sulla carta di Jeff Kwintny ma in realtà suo o per lo meno da lui ultimato.

Il cinema di Assonitis è un cinema ambizioso, italiano soltanto nella produzione, ma assolutamente americano nella concezione spettacolare, fatta di cast altisonanti scippati dagli ospizi di Hollywood. Come non ricordare, come summa di questo concetto, il terribile Tentacoli, una velleitaria imitazione de Lo squalo che vantava però interpreti al pari di John Huston, Shelley Winters, Bo Hopkins e Henry Fonda?

MADHOUSE10

Madhouse è, tra i film diretti da Assonitis, uno dei meno sfarzosi, un onesto B movie slasher con un cast semisconosciuto. Lo stesso regista non ne parlava poi così bene. “Si è trattata di una sbrigativa operazione commerciale che ho diretto per la Warner Bros con un budget attorno ai due milioni di dollari. Era un film destinato, oltre al mercato cinematografico, a quello home video e, tutto sommato, ebbe degli incassi discreti” come dichiarò sull’indispensabile tomone di interviste Spaghetti nightmares di Luca M. Palmerini e Gaetano Mistretta.

Madhouse non è un brutto film, solo un film che sarebbe potuto uscire meglio, diviso tra scene ottime ed altre, non solo narrativamente ma anche registicamente, sciatte.

image-w1280

Come slasher è prevedibile: l’assassino lo si scopre quasi subito senza fatica, cosa che per un thriller è la morte assoluta. Se alcuni momenti ti fanno però pensare ad un’opera elegante (l’arrivo della protagonista all’ospedale con un palpabile atmosfera di terrore, un po’ alla Suspiria), altri cadono in eccessive lungaggini. In più è incredibile come la sceneggiatura sia a tratti scadente soprattutto quando, per creare tensione, si inventa escamotage narrativi insensati. Chi sarebbe quel fesso che, avendo la possibilità di scappare da un killer, barricandosi in casa, decide di nascondersi in un altro appartamento, aperto e senza possibilità di essere chiuso? Vale l’immortale regola craveniana di Scream e delle scelte stupide prese negli horror.

Un  peccato perché l’idea di un assassino che uccide non solo a colpi di coltello ma soprattutto grazie ad un ferocissimo cagnaccio era di quelle potenti, quelle che fanno la differenza quando, con gli occhi allampanati, racconti il film ai tuoi amici del liceo che pendono increduli ora dalle tue labbra, manco stessi raccontando di una scopata alla God of war. Però anche qui le potenzialità da cinema estremo non vengono sviluppate del tutto: basti pensare alla morte del bambino al parco, momento solo intuito senza essere messo in scena. Una scelta del genere te l’aspetti da un  qualsiasi film, non da uno slasher che ha la fama di video nasty, quello che è l’equivalente del pornazzo che guardi con una mano sul joystick nella speranza di non essere beccato dai tuoi.

madhouse81-2

Sul versante gore ci siamo però: quando il cagnaccio si scatena è un piacere, con il sangue scorre, le gole recise e gli omicidi di una certa presa spettacolare. Certo gli effetti sono quel che sono ed è chiaro, nella scena più estrema, la trapanazione del cranio dell’animale, che siamo davanti ad un pupazzone fatto anche malino. Questo non inficia l’opera ma sicuramente fa crollare la tensione a favore della risata involontaria.

Così come è improponibile, se non si è in una parodia, l’assurda morte di Morgan Most, l’amica della protagonista, che, prima di essere massacrata, inciampa al rallenti almeno tremila volte, sbaglia strada e rimane pure impigliata comicamente con la camicia. Se non fossimo in un horror serio potremmo pensare di essere davanti ad una sequenza di Wacko, uno slasher comico degli anni 80.

mad3.jpg

Il punto forte dell’opera è sicuramente la performance della protagonista, Patricia Mickey, qui celata sotto il nom de plume di Trish Everly, attrice di cose risibili, per lo più televisive, ma qui ottima, espressiva e convincente. Il resto del cast invece è tra il mediocre e il pessimo con la punta massima nell’atroce interpretazione gigionesca di Dennis Robertson, nei panni dello zio prete.

In fin dei conti Madhouse, conosciuto anche come There Was a Little Girl, si lascia guardare soprattutto per curiosità, ma è una grande occasione sprecata e uno dei titoli  più trascurabili di Assonitis, con l’aggravante di un finale che clona l’analogo di Compleanno di sangue, festa e cadaveri compresi. Certo entrambi i film sono dello stesso anno, ma il paragone tra i due è infelice: forse più banale nell’assunto, lo slasher di Jack Lee Thompson risulta più divertente e meglio confezionato.

Un peccato perché come assassina, o probabile tale, Mary Sullivan, faccia sfigurata, risata divertita mentre pugnala le persone e fedele cagnaccio assassino al suo fianco, era davvero efficace.

Andrea Lanza 

 

Madhouse

Titolo originale: There Was a Little Girl (Aka: “And When She Was Bad”; “Flesh and the Beast”; “Scared to Death”)

Anno: 1981

Regia: Ovidio G. Assonitis

Interpreti: Trish Everly, Michael MacRae, Dennis Robertson, Morgan Hart, Allison Biggers, Edith Ivey, Richard Baker, Don Devendorf, Jerry Fujikawa, Doug Dillingham, Joe Camp, Janie Baker, Huxsie Scott

8c95f331858b4eb3cf52c4f6a69c36df71nJVGsZVSL._RI_c3b3e368a435b32987306fd89b04c6ebmadhouse

Occhi nella notte

30 sabato Mar 2019

Posted by andreaklanza in animali assassini, O, Recensioni di Andrea Lanza

≈ 12 commenti

Tag

Cec Linder, Charles Jolliffe, Deadly Eyes, Dora Dainton, James B. Douglas, Jon Wise, Joseph Kelly, Kevin Foxx, Lee-Max Walton, Lesleh Donaldson, Lisa Langlois, Michael Fawkes, Night Eyes, Occhi nella notte, Robert Clouse, Sam Groom, Sara Botsford, Scatman Crothers, The Rats, Wendy Bushell

Questo Occhi nella notte è un classico del B movie sui topastri assassini, uno di quei filmacci da vhs confezionati bene, divertenti e da sciallo atomico sul divano. Quindi non si spiega perché la maggior parte della critica sia così spietata nel parlarne, a cominciare dal Dizionario dei film horror di Rudy Salvagnini che lo bolla come “tutto prevedibile e già visto” affibbiandogli la stelletta dell’infamia.

rats9.jpg

Che sia prevedibile e già visto ok, ma Occhi nella notte fa il suo sporco lavoro di horrorazzo d’intrattenimento con scene feroci (muore persino male un neonato), belle ragazze di rito (la generosa Lisa Langlois in versione Lolita da sturbo, mutandine attillate annesse) e una regia dal ritmo concitato e ansiogeno.

rats7

Che altro volere di più da una pellicola sui topi assassini? Oltretutto le scene di impatto non si contano, come per esempio l’assalto dei ratti all’interno di un cinema (il film proiettato è sempre del regista, L’ultimo combattimento di Chen). Quindi immaginatevi uno spettacolo popolare che distrugge la quarta parete, ben prima dei Demoni di Lamberto Bava, di Mr Rorret di Fulvio Wetzl o dell’Angoscia di Bigas Luna, nel quale tu spettatore la senti davvero sulla pelle quella sensazione di disagio, puoi ripeterti quanto vuoi, alla Wes Craven, “E’ solo un film“, ma il dolby stereo, che riproduce quegli osceni squittii , ti fa gelare la pelle. Nulla di più terrorizzante del vedere al cinema un horror ambientato al cinema, senza dubbio. Anche se da noi purtroppo Occhi nella notte uscì solo in vhs (Futurama) privandoci dell’impatto emotivo di questa (grandissima) sequenza.

rats16

Questo il momento che preferisco, con la gente terrorizzata che corre mentre i topi banchettano con le loro chiappe manco fossero ad un banchetto, escamotage necessario per eliminare, prima del finale, il personaggio della Langlois, troppo zoccolesco per essere una final girl. Povera la nostra Lisa, innamorata fino al limite dello stalking del suo professore universitario, tanto da infilarsi nel suo letto e supplicare di essere scopata, ma nel mondo dei ratti mannari le studentesse da paginone centrale di Playboy vengono schifate come fossero appestate. Iene, Viviani, Toffa e compagnia bella, nell’universo degli horror stavolta siete disoccupati: nessun docente porcone da sgamare con le vostre microcamere!

rats14

Robert Clouse, al suo secondo film sugli animali incazzati dopo Il branco del 1977, non si perde in molti fronzoli confezionando un ottimo spettacolo da drive in con momenti di eccelso terrore. Il regista è sempre stato un abile artigiano, capace di dare il massimo con prodotti anche non di fino, garantendo il giusto divertimento ignorante ai suoi spettatori sia che si trattasse di un Jackie Chan importato negli USA (Chi tocca il giallo muore) che di un Robert Mitchum sbarcato ad Hong Kong (Poliziotto privato: un mestiere difficile). E’, non ci stancheremo mai di ripeterlo, quel cinema popolare che non esiste più, bellissimo e scriteriato, quello che ci manca di più, in Italia come negli States.

rats12

C’è da dire che Occhi nella notte non ebbe un grande culto, fu odiato con tutte le forze dallo scrittore James Herbert, suo il romanzo ispiratore Rats, e, come detto all’inizio, di solito neanche gli estremisti del brutto miserabile, quelli che hanno in cameretta, a 56 anni, il poster dei topi mutanti di Mattei e Fragasso, lo ricordano con piacere.

rats10

Certo è che il film non è esente da difetti, tanto gagliardo nelle parti horror quanto debole in quelle più intimiste che vedono i tormenti amorosi di un professore di mezz’età (lo stesso fesso che schifa Lisa Langlois). A questo aggiungiamoci una storia che plagia il solito plot de Lo squalo con tanto di sindaco ottuso che non blocca un’inaugurazione ad un passo dalla tana dei ratti, e un bambino, il figlio dell’insegnante, da pedate nel culo da quanto è antipatico, con la saccenteria da nano che in Dungeons & Dragons, 200 lire al circolino di Marchirolo, avrei affettato con gusto. Però se la parte conclusiva con i topastri affrontati a fiamme ossidriche, che vede gli attori più spaesati che spaventati, non è un granché, abbiamo invece un cattivissimo finale dove un roditore insanguinato si lancia con foga contro un vetro generando il bu che non ti aspetti.

rats8

Gli effetti speciali sono abbastanza schifosi anche se non eccedono mai nel gore e nello splatter. Per mettere in scena i topi giganti i truccatori fecero indossare delle tute con orecchie e denti finti a dei bassotti. Il risultato fu certamente efficace ma purtroppo uno degli animali soffocò dentro la tuta. Un peccato perché l’idea alla fine, in un film che non doveva peccare di alto budget, era certamente geniale.

73365ea6-87a8-11e8-b2f5-bc35ca3a3794_bassotto02-18358-kxIH-U11101800105640eGI-1024x576@LaStampa.it.jpg

Due orecchie finte, una codona e voilà il topo cattivo

Gli attori non spiccano per eccessiva bravura, a cominciare dall’insipido protagonista Sam Groom, più a suo agio in tv (Dimensione alpha, Quincy) che al cinema. C’è però da segnalare la presenza di Scatman Crothers, il cuoco dell’Overlook hotel in Shining di Kubrick, che, anche se interpreta un piccolo ruolo da vittima, risulta il migliore del cast.

rats15

Occhi nella notte non è un bel film, ma è un film divertente, non invecchiato di un solo giorno dal 1982, quasi quarant’anni fa. Non una cosa che capita a tutte le pellicole, riuscite o meno che siano.

rats13

Fu curiosamente prodotto, tra gli altri , anche dalla Golden Harvest Company di Hong Kong, la stessa di molti film di Clouse, ma a differenza di altre coproduzioni simili tipo l’hammeriano Un killer chiamato Shatter, coproduzione con gli Shaw brothers, non abbiamo nel cast significative quote orientali o momenti kung fu.

rats11

Con i topi assassini si farà peggio negli stessi anni 80 con il tremendo Denti assassini di Damian Lee, seguito del cultone Il cibo degli dei di Bert I. Gordon. A tutti quelli che si lamentano di Occhi nella notte farei subire l’atroce visione di questo delirante horror che cerca di terrorizzare il pubblico con un bambino mutante alto mille metri, tipo King Kong, cattivo come solo Baby Birba potrebbe essere.

babys-day-out-cinema-quad-movie-poster-(teaser-1).jpg

Che paura, arriva Baby Birba!

NB Il film è canadese man fin dalla copertina con le torri gemelle sullo sfondo, è spacciato per una produzione USA. In realtà è girato e ambientato a Toronto.

Andrea Lanza

Occhi nella notte

Titolo originale: Deadly Eyes

Titoli alternativi: Night Eyes, The Rats

Anno: 1982

Regia: Robert Clouse

Interpreti: Sam Groom, Sara Botsford, Scatman Crothers, Cec Linder, Lisa Langlois, Lesleh Donaldson, James B. Douglas, Lee-Max Walton, Joseph Kelly, Kevin Foxx, Jon Wise, Wendy Bushell, Charles Jolliffe, Dora Dainton, Michael Fawkes

Durata: 87 min.

occhi-nella-notte-1982-horror

 

 

 

 

 

 

The Zero boys

18 domenica Mar 2018

Posted by andreaklanza in action, animali assassini, B movie gagliardi, Recensioni di Andrea Lanza, T

≈ 6 commenti

Tag

action, film di culto, nico mastorakis, slasher, the zero boys

Gli zero boys sono tre amici appassionati di guerra simulata. Insieme a due amiche più una ragazza “vinta” per scommessa, decideranno di festeggiare la vittoria di una partita in un cottage sperduto nel bosco. Scelta sbagliata perché quello è il rifugio di alcuni maniaci assassini.

Esistono film di pancia che arrivano a colpirti ed appassionarti senza una ragione davvero logica, senza che la trama sia scritta da uno sceneggiatore abile, eppure, sarà per la regia gagliarda o l’atmosfera, ma i difetti si annullano davanti alla potenza delle immagini.

Zero-Boys-2

The Zero boys ne è l’esempio più eclatante: battute che sembrano gridare pietà al Dio dei dialoghisti, una storia che prende almeno due strade senza svilupparne davvero nessuna, ma, in compenso, anche un’opera che possiede una tale freschezza nel mettere in scena gli eventi, un uso virtuosistico della telecamera e suspense, tanta e buonissima, non male per un B movie dal titolo (e le premesse) di un film di guerra alla Bruno Mattei o Ciro H. Santiago.

Strano come The Zero boys non abbia avuto davvero la sua meritata fama di cult: in Italia per esempio è uscito prima in una vhs Domovideo poi in un dvd a bassa definizione, meglio all’estero dove brilla l’edizione Arrow che riporta in vita gli splendidi colori della fotografia di Steven Shaw.

Zero-Boys-5

Il sito americano Wicked horror intitola così un suo articolo “Perché The Zero Boys è quasi perfetto” e la giornalista, Michele Eggen, spiega “Sono sinceramente scioccata che non avessi mai sentito parlare di questo film. Non ne ho mai visto nemmeno una casuale menzione in nessuna di quelle top ten di film horror o film slasher meno noti, anche se dietro c’è un culto. Ci sono molti film sconosciuti, soprattutto anni 80, ma questo dovrebbe davvero essere portato all’attenzione di tutti. The Zero Boys vanta alcune grandi interpretazioni da parte dell’intero cast, rielabora con invenzione il sottogenere slasher, ed  è un precursore di molti altri film che verranno dopo“.

Zero-Boys-4

Zero boys è un film slasher più bizzarro di altri, più noti e anche meno validi, come il terribile Terror train di Roger Spottiswoode. Forse per la sua natura camaleontica e pulp, capace di passare ad un genere ad un altro con grande scioltezza, è un oggetto non proprio etichettabile in un filone, non troppo d’azione, non troppo di guerra, non troppo sanguinoso per un horror alla Venerdì 13. Eppure la bravura di Nico Mastorakis, che diamolo pure è un ottimo regista ma dalle scelte artistiche dubbie, è di riuscire ad essere superiore in ogni sua azzardata sterzata a qualsiasi altro concorrente del genere, forse non il migliore ma uno dei migliori e più esaltanti B movie del terrore degli anni 80.

Zero-Boys-3

Quello che alla fine non convince è la sceneggiatura, firmata a tre mani dal regista, dal suo collaboratore di fiducia Fred Perry e da Robert Gilliam: troppo col fiato corto per  un film che sarebbe dovuto durare tre ore per le tante idee presenti. Così Zero boys è un action horror dalla trama superficiale che si scontra contro la regia ottima, male ma non malissimo, per fortuna.

Le intuizioni presenti anticipano un certo torture porn a base di snuff che furoreggerà ad inizio nuovo millennio con gli Hostel ma soprattutto il Vacancy di Nimrod Antal. Se si esclude l’ottimo e misconosciuto Special Effects di Larry Cohen del 1984, il tema dei filmati di morte e sadismo non era proprio notissimo al pubblico, e The Zero boys lo mette in scena con una certa efficacia.

images (2)

In generale questo è un film studiato meglio di tanti teen movie del terrore, dalle interpretazioni del convincente cast alle reazioni dei personaggi davanti ad eventi orribili e spaventosi. Per fare un esempio ad un certo punto Kelli Moroney, interprete tra l’altro degli ottimi La notte della cometa e Supermaket horror, apre un baule e dentro ci trova un cadavere. Non la vediamo liquidare la cosa bruscamente ma i suoi occhi e la sua espressione sono di credibile terrore così come la risposta della sua amica che corre a vomitare nel lavabo. Magari sono piccolezze, ma sono i dettagli a rendere grande l’opera del diavolo.

In più Mastorakis riesce a rendere adrenalinico un film che ha come body count una sola persona, cosa non da poco di sicuro. La parte slasher, quella più convincente, finisce a neanche mezz’ora dalla fine per lasciare spazio ad un survival di guerra sulla falsariga di Un tranquillo weekend di paura dove stavolta però lo scontro è tra soldati di guerra simulata con assassini veri.

image

The Zero boys è un film stilosissimo, dalla fotografia elegante, dalle invenzioni potenti, emozionante e veloce come solo uno spettacolo popolare da vhs potrebbe essere.

Tra gli attori salta all’occhio la presenza di Joe Estevez, soprattutto perché, appena arriva, balzi dalla poltrona esclamando “WTF, com’è possibile che sia come cattivo ci sia Martin Sheen?”. No, bro, non è lui ma il somigliantissimo fratello.

In Svezia il film ebbe problemi con la censura che tagliò l’intero finale rendendo incomprensibile la vicenda.

Nico Mastorakis con The Zero boys firma una delle sue regie più riuscite, un autore da riscoprire sia nei suoi alti come Destination – Il leggero fruscio della follia che nei suoi bassi di fine carriera tipo l’incredibile Top model per uccidere. Non gira più dal 2002, anno del pregevolissimo serialkiller.com con una sciupata ma bellissima Nastassja Kinski, peccato perché questo regista greco col pallino per i film d’azione e del terrore era uno degli autori più sottostimati ma validi della storia dei B movie, quelli che non sono serie A solo per il budget, ma che urlano “Fantasia al potere!”.

Immaginate che, in Zero Boys, Mastorakis crea, durante i primi minuti, un inaspettato e lungo piano sequenza, una roba che ti aspetti, che so da Brian De Palma, non da un autore di un teen horror!

Voi, se avete voglia recuperatelo questo film, e, mi raccomando, fateci sapere se vi è piaciuto.

Oltretutto ci dispiace che non sia mai stato fatto un capitolo 2 alla luce di un finale aperto, ma forse meglio così: la cosa accresce di più l’unicità del prodotto.

Andrea Lanza

 The zero boys

Anno: 1986

Regia: Nico Mastorakis Interpreti: Daniel Hirsch, Kelli Maroney, Nicole Rio, Tom Shell, Jared Moses, Crystal Carson, Joe Estevez

Durata: 90 min.

91u0nHbkSML._SL1500_

imdirect

s-l500

 

Zoombies

19 venerdì Gen 2018

Posted by andreaklanza in animali assassini, asylum, Recensioni di Andrea Lanza, scifi horror, zombi

≈ Lascia un commento

Tag

asylum, Glenn Miller, recensione, sharknado, zoombies

Un veterinario sperimenta una tossina non ancora testata su un scimmia morta, scatenando un nuovo e mortale virus. Ben presto tutti gli animali dello zoo si trasformano in non morti.

zoombies-slider-002

Alla fine l’Asylum ce l’aveva quasi fatta: per quasi tutto il primo tempo Zoombies funziona alla grande, prima di cadere nel solito mare magnum di mediocrità senza scampo, il Krakatoa, est di Giava che distrugge cose buone e cose cattive nell’Amen di un Requiem. Peccato perché stavolta la colpa non è della sceneggiatura, degli attori, della regia o di mille altre cazzate che l‘Asylum, da Sharknado in avanti, ci ha abituato. No, amici miei, qui invece l’Asylum perde il treno del suo capolavoro solo per la mancanza di budget, ed è un grandissimo peccato!

96716f85d019ac4a6491fe095003091c01498151.jpg

Ragazzi, ehm, i mostri sono dietro di voi! A chi sparate?

L’inizio di Zoombies è potentissimo e cita a grandi linee il Peter Jackson di Brain dead con queste scimmiette creepy dalla faccia zombesca che si scatenano in una mattanza dentro un laboratorio con dovizia di particolari, bulbi oculari strappati, sangue a schizzi, visi divorati, cose che non ti aspetti dalla Asylum che è sempre stata parca di splatter. Anche la regia di Glenn Miller è buona con la benedizione di una fotografia che stavolta non smarmella e non sembra lo scarto di una produzione Hallmark di vent’anni fa. Miracolo così come la scelta degli attori, non da Oscar ma meno cani della media di tanti direct to video horror.

zoombies-animali-zombie-made-in-asylum-v5-31438

Mr. Koala

Certo la sceneggiatura fa fare loro cose imbarazzanti, li porta dritti alla morte con tenace scemenza ma siamo tutti consapevoli, inserito il dvd, che staremo per assistere ad un B movie, trovarci un buon B movie, confezionato come il Dio del cinema di cassetta esige, è un lusso al pari di “piatto ricco mi ci ficco“, non proprio merce da scambio di tutti i giorni.

In questo “Jurassic Park dei morti viventi“, come recita la locandina, i mostri sono tutti molto vari e, se i leoni zombi li dai per scontati, ad un certo punto lo script di Scotty Mullen ti butta dentro l’inaspettato, il WTF che ti lascia con la mascella a terra: le giraffe morti viventi. Incredibile ma i nostri eroi si troveranno, per scappare da un facocero zombi particolarmente incazzato, a rifugiarsi su un albero, e qui arrivano loro, le temibilissime giraffe carnivore! Cioè io non so voi, ma ho sempre pensato alle giraffe, con questi colli lunghi e il loro viso pacioso, ad animali buoni, vederli che afferrano un povero Cristo per farlo letteralmente a pezzi mi ha lasciato un po’ interdetto, come se alcune mie certezze di vita venissero tradite.

5MOVE1044607EX003_Zoombies_GagReel_2560x1440_656652355832

Giraffe mannare!!!

Comunque per quanto riguarda la fauna dei vari mostroni c’è da divertirsi con la versione romeriana di elefanti, ippopotami, pappagalli e persino, che ci crediate o no, una specie di koala mannaro!!! A lui spetta una delle scene più cazzutissime: entra nella stanza della figlia piccola della protagonista, una tra le dieci bambine più fastidiosamente animaliste del pianeta, e, mentre lo vedi ringhiare con quell’adorabile musetto da koala mangiacristiani, si chiude la porta. Tu, spettatore, senti le urla, ma quando la madre entra nella stanza, aspettandosi il peggio, trova la bimba in piedi, coperta di sangue e frattaglie, con in mano una mazza da baseball ancora gocciolante cervella dell’animale, che dice “Non amo più gli animali!“.

img_2856

Uccidetemi! 

Bizzarro poi che il film sia concepito come una sorta di seguito apocrifo di Jurassic Park dove Kim Nielsen, la stragnocca protagonista, direttrice dello zoo, si comporta come se fosse la nipote di Richard Attenborough parlando sempre di un fantomatico zio, creatore del parco.

Le note dolenti però, come detto, ci sono e sono tutte condensate nella cattivissima resa degli effetti speciali, imbarazzanti negli anni 90, inconcepibili ora, una cosa così orrida, con una resa da Super Nintendo, neanche Playstation 1, che inficia ogni cosa buona prima, dal ritmo alle invenzioni.

Vedere questi 4 stronzi a cavallo di un gruppo di elefanti che non collimano con lo sfondo fa cadere nel maelstrom le balle! Molte volte, per capirci, la CGI è così pessima che non riesci a barcamenarti se i protagonisti siano braccati da un opossum mannaro o da un gruppo di leoni, e lo sapete anche voi che è palese la differenza tra un opossum e un leone!

zoombies-3-820x410

Pessimi effetti speciali

La parte del T-rex, visto che come detto siamo in un mockbuster che cerca di scimmiottare con fantasia Jurassic Park, la fa un gorillone chiamato Kifo che sembra vero tanto quanto Paul Gleason in Una poltrona per due, e infatti scopriamo essere interpretato goffamente dal caratterista Ivan Djurovic celato dentro un costume di carnevale. In più i tecnici a volte si ricordano di renderlo zombi e in alcune altre inquadrature no, creando un disagio e smarrimento nello spettatore difficilmente esprimibile a parole.

Sembra, leggendo su imdb, che ci fossero nello script anche dei delfini morti viventi, già creati dagli effettisti per lottare contro la bambina ammazza koala, ma sfortuna vuole che la piccola non sapesse nuotare rendendo impossibile girare quindi le sequenze. Naturalmente gli stessi sono stati poi riciclati per un altro film, Five Headed Shark Attack, perché niente si butta in casa Asylum.

Dolphins

Pacifici il cazzo!!!

Sarebbe stato bello dare un voto positivo a questa produzione, ma la sua natura così abborracciata lo rendono improponibile. Questo naturalmente non toglie che possa essere uno dei vostri Z movie preferiti.

Andrea Lanza

Zoombies

Anno: 2016

Regia: Glenn Miller

Sceneggiatura: Scotty Mullen

Interpreti: Kim Nielsen, Ione Butler, Andrew Asper, LaLa Nestor, Marcus Anderson, Brianna Joy Chomer, Ivan Djurovic, Aaron Groben, Kaiwi Lyman-Mersereau, William McMichael, Reuben Uy, Isaac Anderson, Tammy Klein, Cedric Jonathan, Joe Conti

Durata: 90 min.

h49546416572CncZM4KUsAEHzgvZoombies

 

La creatura del cimitero (recensione 2)

03 martedì Ott 2017

Posted by andreaklanza in animali assassini, B movie gagliardi, C, Recensioni di Andrea Lanza

≈ 15 commenti

Tag

Brad Dourif, cinema, David Andrews, film, Graveyard Shift, horror, Kelly Wolf, la creatura del cimitero, Ralph Singleton, recensioni, stephen king, Stephen Macht

C’è stato un periodo non molto lontano in cui uscivano alla velocità della luce, al cinema mica solo in vhs, tantissimi film tratti da Stephen King, dove la parola d’ordine era quantità più che qualità. Si arrivavano a saccheggiare non solo i romanzi, ben prima che arrivasse l’apocalisse delle miniserie tv del Re, ma anche i racconti della mitica raccolta A volte ritornano. Il primo, vado a memoria, mi sembra che fosse l’efficace Grano rosso sangue del 1984 di Fritz Kiersch che generò tipo ottocento milioni di sequel tutti uguali e quasi tutti terribili, compreso un inutile remake. Prima ancora, ad essere sinceri, c’era una raccolta di cortometraggi, da noi uscita (male) solo in vhs, dal titolo 4 storie per non dormire con, tra l’altro, manco farlo apposta, una trasposizione poverissima di I figli del grano, lo stesso che ispirò appunto Grano rosso sangue. Beh comunque questo per dire che il nome di Stephen King era così importante, negli anni 80, da vendere qualsiasi cosa, basta ci fosse appiccicato in copertina il suo nome.

Graveyard Shift [from August 1974 Cavalier].jpg

Il racconto originale de “La creatura del cimitero”, 1974

A volte però ai vari registi riusciva bene l’operazione allunga brodo dei vari racconti come nel caso di A volte ritornano di Tom McLoughlin, di The mist di Frank Darabont o, perchè no, di Brivido dello stesso King, ma a volte, il più delle volte, uscivano cose che, se non brutte, non c’entravano nulla con King come Il Tagliaerbe di Brett Leonard (e il suo seguito nel cyberspazio) o The mangler di Tobe Hooper e le sue declinazioni future tra teen movie e torture porn. 

La creatura del cimitero è uno dei parti cinematografici peggio ricordati dai fan dello scrittore, tratto da un raccontino presente (ancora!) nella raccolta A volte ritornano, Secondo turno di notte.

Graveyard Shift quad poster

Inutile dire che del racconto ispiratore,  il regista Ralph S. Singleton ha mantenuto soltanto l’idea di fondo ovvero un gruppo di operai, chiamati per pulire le cantine di uno stabilimento tessile, alle prese con dei topi molto particolari, soprattutto un ratto gigante. Per arrivare a questo, all’incontro con il rattone assassino, purtroppo dobbiamo prima subire una lunga parte introduttiva che ci presenta i vari personaggi, nessuno davvero interessante. Certo anche la seconda parte non è proprio questa meraviglia, visto che l’idea kinghiana di una razza di topi mutata geneticamente, capace anche di volare, viene semplicizzata in un pipistrellaccio gigante dalla coda di panteganona, una cosa che non ci credi finché non la vedi. Però il ritmo è veloce, il sangue scorre copioso e ci si fanno tante risate, più di un film comico, soprattutto quando per uccidere il mostrone il nostro eroe gli lancia, con una fionda da Pierino, una Pepsi cola alla faccia della pubblicità occulta!

graveyard-shift-1

Il film è invecchiato meglio di come si presentava all’epoca, sarà merito dei brutti film tratti da King che sono seguiti dopo, da I sonnambuli di Mick Garris a tutte le brutte serie tv con a capo il principino delle merde su piccolo schermo, i Tommyknockers – Le creature del buio di John Power. Fatto sta che La creatura del cimitero, anno 1990, a vederlo ora, 2017, è un bello spettacolo da drive in, onesto, dignitoso, ignorante e terribilmente divertente anche nei difetti. Degli attori se ne salvano due, il luciferino Stephen Macht nei panni del cattivissimo Warwick e il grande Brad Dourif (chi non ricorda Qualcuno volò sul nido del cuculo?) in quelli dello sterminatore di topi. Oddio ad essere buoni, verso il finale, anche il futuro Wishmaster Andrew Divoff abbandona una recitazione monocorde per cercare di dare un barlume di umanità al suo personaggio, ma è troppo tardi purtroppo. Il resto del cast è qualcosa di scandaloso, facce granitiche, brutte ragazze che fingono di essere strafighe, zero feeling tra di loro e soprattutto zero empatia col pubblico, un disastro totale che almeno il doppiaggio italiano stavolta salva parzialmente.

Graveyard_Shift

Non fighe

La parte del leone comunque è solo di Dourif, la voce di Chucky la bambola assassina, che entra in scena cinque minuti, sciorina uno di quei dialoghi che avrebbe fatto la sua porca figura in un film di Chuck Norris, a base di topi vietcong infilati a forza in ferite umane e serviti “Au nature… senza maionese”. Chapeau!  

Stephen Match invece non ha grandi dialoghi ma è cattivissimo, così cattivo che fa cose stupide da fumetto di serie Z, tipo licenziare a random l’amante solo per farla uccidere, mandare a morire il povero Dourif senza un perché e vestirsi da Rambo dei poveri nelle fogne ammazzando tutti pur di salvarsi la vita (senza peraltro riuscirci).

graveyard-shift-bloody

Un ruolo sobrio

La creatura del cimitero però, come detto,  resta un horror divertente anche per queste stronzate, non è un bel film assolutamente ma è piacevole, un buon B movie come quelli che uscivano in vhs a flotte e che guardavi, 5000 lire a noleggio, con altri trecentomila titoli che ti forgiavano nel tuo percorso cinefilo peggio che una notte con i guardiani della notte di John Snow. 

Ralph S. Singleton che ha nel suo curriculum vitae una grandiosa carriera come secondo assistente alla regia di grandi film come Taxi driver, Il giustiziere della notte, Quinto potere, I tre giorni del condor, ha tentato, fallendo, di girare per conto proprio questo unico horror. Non esiste un momento in La creatura del cimitero che ricordi il buon cinema, non un guizzo, un movimento di camera, un banale tecnicismo che faccia alzare la testa del regista dalle fogne dei suoi topi per dire “Avete visto che sono bravo?”.

Graveyard Shift 08

Ratti vietcong senza maionese

La creatura del cimitero costò ben 10 milioni dell’epoca, fu prodotta e distribuita dalla Columbia, ma sembra un film molto più povero, scurissimo e con effetti speciali risibili. Il pipistrellone viene inquadrato per di più nei dettagli, con prevalenza per la testa gigante, ma rivela la sua natura raffazzona fin dalla sua prima apparizione.

E’ un film che non fa mai paura eppure, grazie alla sua ambientazione sudicia e fetida, ti lascia addosso lo schifo come se, anche tu spettatore, fossi in mezzo a quello scantinato insieme a cadaveri e topi.

graveyard-shift-1990-can-man

Usare una Pepsi come arma negli anni 80 non era pubblicità occulta

La sceneggiatura di John Esposito (Talos l’ombra del faraone) ha qualche finezza come chiamare lo stabilimento tessile (uno vero e abbandonato nel Maine) con  il nome di “Bachman” in omaggio allo pseudonimo usato da King per i suoi libri più pulp, Richard Bachman.

graveyard-shift-2

Non ce la sentiamo di disprezzare questo film, anzi ne consigliamo la visione in una notte spensierata, magari proprio in una maratona di Halloween con birra, pizza e amici. In questa dimensione così ignorante è un film che può stupire, divertire e piacere, il cosiddetto guilty pleasure che si nasconde dai club dei cinefili ma che ha un posto fisso nel nostro cuoricino di eterni amanti dell’horror e “di ciò che in esso vi  è di inesplorabile”.

Andrea Lanza

NB Nel 2013 il nostro Davide Viganò ha recensito questo film, ma, dopo una visione notturna, ho sentito il bisogno di un nuovo articolo che rendesse giustizia ad un titolo così sgarruppato ma divertente . La recensione precedente, sempre validissima ma discordante da questa, la trovate qui

NB2 Nello scrivere questa recensione erano così tante le scene folli che ho voluto concentrarmi sulle marachelle di Brad Dourif e Stephen Match ma dai commenti di questo articolo il prode Lucius Etruscus, il menestrello del cinema dimenticato e dei libri gagliardi perduti, ci ricorda una scena a base di topi e Beach boy che meritava di essere raccontata in modo speciale. Ecco quindi in calce uno stralcio di una recensione datata 2009 del nostro Lucius:

“Nel complesso, la sceneggiatura risulta troppo slabbrata, con una esagerata quantità di tempi morti e di scene lunghe che non si trasformano mai in suspense. Si lascia troppo spazio a personaggi in realtà privi di storia mentre si soprassiede su una spiegazione soddisfacente dell’esistenza di un mostro in cantina. Ad onor del vero, però, va testimoniato come neanche King spieghi come in soli dodici anni possa nascere una nuova razza di ratti né quale legame possano mai avere con i pipistrelli, se non quello del luogo comune. Non mancano comunque scene di divertito humor nero, come quella dei topi che, per sfuggire ai violenti getti d’acqua della squadra di lavoranti, si lanciano su “scialuppe” formate da pezzi di legno e sembrano fare surf mentre scorrono le note di “Surfin’ Safari” dei Beach Boys. Il tutto però è annacquato dalle lungaggini di una sceneggiatura incerta, non supportata da una regia esperta.“.

La creatura del cimitero

Titolo originale: Stephen King’s Graveyard Shift

Anno: 1990

Regia: Ralph Singleton

Interpreti: David Andrews, Kelly Wolf, Stephen Macht, Brad Dourif

Durata: 90 min.

38301

 

Raiders of the lost shark

01 martedì Ago 2017

Posted by andreaklanza in animali assassini, film pericolosamente brutti, Recensioni di Silvia Kinney Riccò, Shark Movie

≈ 2 commenti

Tag

attrici cesse, film inumanamente brutti, raiders of the lost shark, recensioni, silvia kinney riccò, squali volanti

In seguito ad alcune trivellazioni sul fondale di un golfo, dei ricercatori scoprono una caverna subacquea da cui esce un famelico squalo preistorico. Come se non bastasse uno scienziato decide di potenziarlo ulteriormente per dar vita ad una vera e propria arma inarrestabile: un megalodon volante.

Partiamo con gli aspetti positivi del film: il titolo, spassoso gioco di parole con riferimento a Riders of the Lost Ark (I predatori dell’arca perduta) e la locandina, davvero spettacolare. Fine.

evbnr_P6-1

Cioè davvero vi aspettavate questo?

Passiamo al resto.

Faccio davvero fatica a scrivere qualcosa di interessante su questa “pellicola” perché è il vuoto più totale.

Il film è stato sceneggiato da Brett Kelly, regista di Jurassic Shark, che ripropone praticamente la stessa vicenda con la differenza che qui il megalodon vola.

Dal titolo speravo in una tamarrata nosense ed invece non c’è assolutamente nulla che richiami ad Indiana Jones. Mi sarebbe bastato poco, magari giusto un paio di scene come quelle viste in Shark in venice: un tesoro da trovare, qualche trappola lungo il percorso ed il gioco era fatto. Ed invece il nulla assoluto.

sharksinvenice16

Qui si sente la mancanza pure della sorella cessa di Scarlett Johansson

Niente di ciò che si vede nella locandina è presente nel film: né elicotteri, né motoscafi, né belle fighe.

Sì perché nello squallore generale rientrano pure le attrici, una più brutta dell’altra.

vario

Niente belle fighe

L’intera vicenda si trascina in una noia ed un desolazione insostenibile fra esterni orrendi, girati fra terreni brulli e secchi con elettrodotti e capannoni sullo sfondo, ed interni totalmente spogli. Addirittura alcune stanze sono imbiancate a metà e da certe angolazioni si può notare che il pavimento non è stato piastrellato. La povertà più totale.

vario2

Niente belle fighe 2

Gli attacchi dello squalo sono quanto di più triste e sciatto si possa immaginare, molti dei quali avvengo sott’acqua senza che si veda assolutamente nulla: si intravedono dei denti acuminati e la vittima di turno scompare, cola a picco senza lasciare dietro di sé la benché minima traccia di sangue. Emozionante.

Le squalo è in una CGI vergognosa, bidimensionale e a malapena articolato; a volte balza fuori dall’acqua per ingoiare intero il bagnante senza sollevare un solo schizzo e quindi vi rientra, con la superficie che rimane piatta e senza la minima increspatura. Verso il finale hanno voluto pure strafare ed in qualche scena lo squalo in computer grafica è sostituito da un pupazzetto di gomma. Una cosa che ti lascia morto dentro come un addio improvviso o un lutto che non ti aspetti.

Squalo di gomma

Squalo di gomma

Inutile parlare di regia e recitazione perché siamo al livello di un porno amatoriale. Il budget stimato è 350k dollari ma io veramente non riesco a capacitarmi di dove siano finiti quei soldi. In droga e puttane probabilmente perché altrimenti la cosa non si spiega.

Un paio di scene in particolare rimangono impresse per la bruttezza e la poracittudine che irradiano.

Prima fra tutte, la romantica gita sulla spiaggia della ragazza afro americana insieme al fidanzato, dove quest’ultimo viene divorato al volo dallo squalo che plana a pochi centimetri da terra. Assolutamente indimenticabile l’espressione esilarante della ragazza mentre urla: “Flyyyyying shaaaaaark!!”. Uno dei momenti più significativi della pellicola.

flying shaaark

Flyyyyying shaaaaaark!!

Un altro momento di grande cinema è la gita in barca col marinaio pazzo, forse il momento più simpatico per l’ingenua idiozia con cui è reso.

Il personaggio più simpatico, nonché l’unico, è proprio il marinaio che conduce i ragazzi sull’isola proibita, che ha la stessa mimica facciale del capitano dei Simpson. Si lascia pure sfuggire un “Arr!” ad un certo punto, non potevo crederci

il capitano dei simpson

Arr

Dopo aver colpito qualcosa con la barca il marinaio si sporge verso l’acqua per vedere che succede e quando si rialza, dove prima c’era la testa ora vediamo qualche vertebra sporca di ketchup. Tom Savini scansati proprio.

testa

Il megalodon colpisce nuovamente la barca e una delle ragazze viene sbalzata in acqua. Quanto potrà essere caduta lontano? 1 metro? 2 al massimo? Sembra invece che la tipa sia stata proiettata dall’altra parte della baia: continua a nuotare e nuotare senza mai raggiungere l’imbarcazione. Ma perché? Lo squalo ha curvato lo spazio tempo? Non ci è dato saperlo. Intanto finisce divorata.

attacco

Al terzo assalto pure la protagonista e l’amico finiscono a bagno. A quel punto cosa fanno? Risalgano in fretta sull’imbarcazione? No, molto meglio lanciarsi in un nuotata disperata verso la lontanissima costa.

Ad aggiungere ulteriore trash al momento notiamo che in alcune riprese, mentre i protagonisti sono in acqua, si vedono persone sconosciute fare capolino dalla barca: qualche operatore che si era dimenticato di levarsi dalle palle.

attacco3

Nel gran finale troviamo lo squalo che vola sulle teste delle nostre eroine, ruggendo (?) come un leone. Se pensate che l’idea di uno squalo volante possa essere figa, beh, non è lo è, non qui almeno. Il megalodon fluttua senza muovere un muscolo, non sbatte nemmeno le pinne. È solo brutto. Ma non brutto divertente, è brutto e stop.

squalo

La protagonista ha un piano infallibile per sconfiggere la creatura usando uno strumento che genera un campo elettromagnetico. Il dispositivo in questione non è nient’altro che una di quelle lampadine adesive che si attaccano dentro gli armadi. Ne ho una uguale rossa, presa all’Ikea, 2 euro.

Riescono alla fine a distruggerlo facendolo saltare per aria.

Esplosione squalo

In conclusione:

Raiders of the lost shark è un film brutto ma non abbastanza da essere divertente o memorabile. Ha il pregio di non prendersi sul serio (e ci mancherebbe!) ma questo non lo rende più simpatico. Sconsigliato anche agli shark addicted più accaniti.

Silvia Kinney Riccò 

Raiders of the Lost Shark

Regia: Scott Patrick

Interpreti: Dan Desmarais, Peter Whittaker, Kitty Kamieniecki, Angela Parent, Pavel Lubanski, Candice Lidstone, Jessica Huether, Kendra Summerfield, Anik Rompré, Catherine Mary Clark, Caren MacNevin, Mel Guibz, Scott McClelland, Faith Rayah, Ian Quick

Durata: 70 min.

MV5BMTczMTMwMzU5M15BMl5BanBnXkFtZTgwMDY1MDc0MjE@._V1_

 

 

Shark in Venice

19 mercoledì Lug 2017

Posted by andreaklanza in animali assassini, film pericolosamente brutti, Recensioni di Silvia Kinney Riccò, Shark Movie

≈ 13 commenti

Tag

attori alcolizzati in bulgaria, shark in venice, sorella cessa di scarlett johansson, stephen baldwin

Attenzione: possibili spoiler. Se qualcuno mai avrà il coraggio di vederlo.

David Franks e la sua fidanzata Laura intraprendono un viaggio in Italia per indagare sulla morte del padre di David, un noto sommozzatore che pare aver perso la vita in un tragico incidente durante un’immersione a Venezia. David capisce che il padre stava lavorando per conto della mafia veneziana, interessata ad una sensazionale scoperta dell’uomo: nascosto nei tunnel subacquei, fra i canali veneziani, infatti vi è il tesoro segreto dei Medici. A questo aggiungiamo che a nasconderlo sono stati i Templari e che la ricerca parte dalle mappe di Marco Polo (?!?) A complicare le cose, se è possibile, troviamo un enorme squalo (ma probabilmente anche più di uno, la cosa non è molto chiara) che nuota indisturbato nella laguna.

sharksinvenice01

Se state cercando un senso a quanto appena letto potete rinunciarci. La vicenda è il delirio più assoluto, ma non quel genere di nonsense consapevole, forzato, esasperato di film come Sharknado o Ghost Shark. Ancora in maniera più esilarante, sembra che il film si prenda quasi sul serio come se lo sceneggiatore avesse davvero creduto che il mix Venezia/templari/squali fosse quanto meno accettabile. Il regista Danny Lerner torna alla carica con un altro imperdibile (no) film di squali dopo i suoi precedenti Shark Zone e Shark Invasion, che vede fra gli scialbi protagonisti Stephen Baldwin e Vanessa Johansson, la sorella cessa e sfigata di Scarlett Johansson.

sharksinvenice16

La vicenda si rifà a film come Il codice Da Vinci ed Indiana Jones (mi sento in imbarazzo solo a citarli in questo contesto). David è un professore e studioso di antichità (talmente esperto che per lui Medici si pronuncia “Médici”) alle prese con un’indagine storica credibile ad accurata (sarcasmo). Le sue ricerche lo conducono all’ingresso sottomarino della grotta del tesoro, piena di trappole mortali che lui riesce facilmente ad evitare. La sequenza più figa del film, e probabilmente quella che ha assorbito il 90% budget, è quella che ci viene mostrata durante la lettura della carte di Marco Polo, dove vediamo l’assedio da parte dei templari a cavallo che distruggono e depredano il villaggio massacrandone gli abitanti. In che modo la scena ci è utile ai fini della trama? Nessuno, ovviamente.

sharksinvenice05

Inseguimenti, scazzottate e sparatorie: ma in tutto ciò, dove sono gli squali e cosa diavolo c’entrano? Si scopre ben presto che il boss mafioso Vito Clemenza (tipico nome veneziano), per evitare che qualcuno ficcasse il naso nei suoi affari, ha liberato dei piccoli di squalo fra i canali per usarli come cani da guardia una volta cresciuti. Una trovata geniale, considerando che gli squali rendono impossibile la ricerca a cui sta lavorando divorando gli scienziati da lui assoldanti ed un numero imprecisato dei suoi scagnozzi.

sharksinvenice02

I nostri beneamati pescioloni in realtà non si vedono poi così tanto, e quando lo fanno sono per lo più scene di repertorio rubate a documentari oceanografici, dove si capisce chiaramente che la creatura sto nuotando in mare aperto, fra le onde ed i pesci tropicali. Gli attacchi ai danni degli umani sono resi con una poraccitudine imbarazzante: la telecamera che si muove avanti ed indietro fra le bolle sott’acqua seguito dal frenetico montaggio di scene di stock con squali che mordono cose di vario tipo -non ha molto importanza di cosa si tratti.

sharksinvenice11

Fantastica la sequenza di un attacco quando, durante il consueto flash di scene di repertorio, si vede anche uno squalo mordere il fondo di una barca (già usato anche in Shark Zone), totalmente a caso visto che nella scena non c’era nulla del genere. In pratica non si vede niente di niente, se non appunto roba riciclate da documentari o altri film. E fino a qui, ok, film brutto ma non osceno. Solo al minuto 40 parte il trash vero e proprio: l’enorme squalo bianco balza fuori dall’acqua in tutta la sua gloriosa CGI del cazzo, come da tradizione, e azzanna una coppietta ubriaca.

sharksinvenice06

In realtà le scene in computer grafica sono giusto un paio e il trashometro rimane purtroppo basso, anche se l’attacco alla gondola vale da solo il film. Parliamo ora di una delle componenti chiave: l’Italia e gli italiani. Partiamo subito col dire la cosa più importante: il film non è stato girato a Venezia. Sì, c’è qualche ripresa di repertorio della città, più alcune scene filmate da una barca dal fortunato cameraman mandato in Italia per l’occasione, ma nessuno del cast ci ha veramente messo piede. Gli esterni sono stati ricostruiti (male) in uno studio in Bulgaria, il film si sarebbe dovuto intitolare “Shark in Bulgaria” ma è stato poi cambiato in “Shark in Venice” perché faceva più figo.

sharkvenice_a

Se vi sembra di notare qualcosa di innaturale è perché ogni tanto, fra un edificio e l’altro, troviamo aggiunta l’acqua in una computer grafica come sempre posticcia. Gli italiani vengono chiaramente rappresentati nella maniera più stereotipata possibile, come il tizio che mentre ringrazia manda con entusiasmo baci allo schermo del computer, perché come è noto gli italiani gesticolano e baciano tutti. Non poteva mancare l’italianissima mafia. Il boss, interpretato dal nostro connazionale Giacomo Gonnella, recita in inglese aggiungendo qua e là parole in italiano -come a voler sottolineare che sì, siamo proprio in Italia! – con la conseguenza di strappare risate involontarie. Come rimanere seri difronte a frasi come “Rossi, answer me! Vaffanculo!” o ancora meglio “I put the bambino sharks into the canal”.

sharkvenice_c

La cosa pazzesca è che nonostante Gonnella sia proprio italiano pare quasi che si sforzi per dare una pronuncia “italo americana” alle parole, come se già il suo personaggio non fosse abbastanza ridicolo. Apriamo una parentesi per parlare della scelta dei nomi dei personaggi italiani, alcuni presi direttamente dal panorama calcistico: troviamo il luogotenente Totti e il covo dei cattivi posto nella “laguna Del Piero”. No, non sto scherzando. Nel gran finale David ed il boss si azzuffano e finiscono sott’acqua, mentre alla base dei mafiosi fanno irruzione le forze dell’ordine iniziando una sparatoria che sembra non finire mai, mentre i protagonisti vengono completamente ignorati. Dopo 10 minuti finalmente finiscono di spararsi, David e Vito sono ancora sott’acqua che tanto l’ossigeno è un optional, e finalmente arriva lo squalo che si pappa il cattivo.

sharksinvenice12Concludiamo in bellezza con la fidanzata di David che si lancia in una battuta di chiusura a dir poco esilarante “Promettimi che non verremo in luna di miele a Venezia” e a quel punto col sorriso sulle labbra lo spettatore può procedere ad impiccarsi all’armadio. Per concludere: Shark in Venice è film con pochi squali e pochissimo sangue ma che riesce comunque a non annoiare grazie ad una trama totalmente delirante. Cose che si fanno ricordare: -La location senz’altro atipica (anche se fasulla) per un film di squali -La scena del gondoliere divorato Consigliato solo ai patiti di low budget squaleschi per passarsi un’ora e mezza in idiozia. Tutti gli altri: per il vostro bene, statene alla larga.

Silvia Kinney Riccò

Shark in Venice

Regia: David Lerner

Interpreti: Stephen Baldwin, Vanessa Johansson, Bashar Rahal, Giacomo Gonnella

Durata: 88 min.

SharkInVenice

Se volete leggere anche un altro punto di vista sul film (ma credetemi non cambia di tanto) qui il link dell’amico Zinefilo

 

 

The Shallows

27 mercoledì Lug 2016

Posted by andreaklanza in animali assassini, azione, Recensioni di Manuel Ash Leale, Shark Movie

≈ 4 commenti

Tag

blake lively, cinema, Jaume Collet-Serra, manuel ash leale, recensione, recensioni, the shallows

Ci risiamo.

Arriva l’Estate, per antonomasia e ovvie ragioni la stagione delle vacanze, del mare, del divertimento in spiaggia e dei teneri amori adolescenziali. Ma, soprattutto, la stagione dei film con protagonisti terribili mostri marini assetati di sangue e famelici di carne umana. In tanti anni di cinema ne abbiamo viste di cotte e di crude, ogni tipologia di creatura, reale o fantastica, ha attraversato la nostra strada di spettatori emozionandoci o, purtroppo il più delle volte, annoiandoci con avventurose e orrorifiche soluzioni. Guardandoci alle spalle possiamo annoverare piovre giganti, coccodrilli, piranha, barracuda, altri pesci di diverso tipo, mutazioni, incroci e, infine, il preferito di tutti, il re dei monster movie da quattro soldi, l’imperatore del trash ittiologico: lo squalo.

Watch-The-shallows-Official-Trailer-GulluTube-950x528

Non provo nemmeno a enumerare i film con lui come protagonista, perché, specie negli ultimissimi anni, c’è stato un boom incredibile di shark movie più o meno beceri, roba da far accapponare la pelle nemmeno lo squalo ce lo trovassimo davvero di fronte in acqua. A due o tre teste, con i tentacoli, gigantesco, robotico, nella sabbia, persino fantasma. Ma come ti viene in mente un film con uno squalo fantasma?! È così folle da rasentare il genio. Insomma, l’amore per i selachimorpha pare inesauribile, come testimonia il successo degli ultimi cult di casa Asylum, i quattro Sharknado che tanta meschina felicità donano alle serate ignoranti degli inossidabili cultori di b-movie. Così, al centesimo titolo che prelude la lotta uomo vs uno dei predatori più perfetti del pianeta, scappa un sussulto, un passo indietro con sorriso imbarazzato. Un altro? Davvero?

gallery-1466777229-the-shallows-shark-blake-lively

The Shallows arriva in questo clima di perplessità marina e scatena subito la risatina sarcastica del cinefilo navigato, così come lo sbuffo annoiato del fan di shark movies. L’unica cosa che pare interessante è Blake Lively e il suo corpo mozzafiato, stretto in un bikini per tutta la durata del film. Ecco, so cosa state pensando, perché tutto appare ora come un gigantesco cliché: bella ragazza svestita, squalo che attacca famelico come non ci fosse un domani, vittime ignare, le solite cose. Di nuovo.

Lo ammetto, è stato il mio identico pensiero e non ci fosse stata la Lively in costume per ottantasette minuti avrei snobbato tutto quanto, rimandando la visione a un altro momento. Lo farebbe chiunque leggendo una trama come questa: una surfista scova la spiaggia segreta dove la madre, recentemente scomparsa, praticava surf e resta intrappolata su di un piccolo scoglio assediata da un grande squalo bianco, che le impedisce di raggiungere la riva. Punto. Vi giuro, è tutto qua. Niente di più, niente di meno.

lead_960

E che il Dio Cinema mi fulmini, funziona maledettamente bene. Lasciamo da parte Jaws, così come Shark attack o simili, non siamo di fronte a un capolavoro, e nemmeno a un film di serie z, bensì a un lavoro onesto, senza troppe pretese se non quella di intrattenere. Cosa che The Shallows sa fare, grazie alla regia di Jaume Collet-Serra, attenta, sapiente, capace di trasportare lo spettare nel crescendo della vicenda, e grazie anche alla scrittura di Anthony Jaswinski, dal ritmo serrato, pragmatica, senza fronzoli. La narrazione di Paradise Beach – Dentro L’incubo, fantasioso titolo italiano con il quale il film approderà nella penisola in Agosto, è molto tesa, una corsa sulle montagne russe capace di funzionali picchi tensivi e adrenalinici, senza momenti vuoti o inutili, ma intelligentemente costruita per rendere appieno la situazione altalenante che vive la protagonista. A questo proposito, Blake Lively non delude, sebbene talvolta appaia forse un tantino esagerata nell’esternazione delle emozioni, risulta comunque credibile, perfettamente in grado di sostenere il peso dell’intera storia sulle spalle senza problemi. La sua battaglia contro un natura che sembra spietata non è dettata dalla vendetta o da qualche soluzione poco attendibile, ma dalla più realistica delle motivazioni: la fame da una parte e la sopravvivenza dall’altra. Un binomio mai slegato che permette una lettura diversa di tutta l’operazione. The shallows non ingigantisce nulla, non mette in scena bestie che bramano il sapore del sangue umano e neppure genitori il cui figlio è finito nello stomaco di uno squalo. La sua naturalezza è semplicità e questo è da considerarsi, in questo caso, un punto di forza.

S2

La preoccupazione di ritrovare nel film di Collet-Serra tutto ciò che ha reso stantii molti degli altri shark movies viene annullata dalla scorrevolezza e dall’onestà intellettuale del film. Indubbiamente deve qualcosa a Jaws, non è una sorpresa, ma dallo squalo splendidamente ricreato, e intelligentemente poco mostrato, fino al lavoro di tutto il cast, sia tecnico che artistico, The shallows dimostra una sua personalità. Nonché i dignitosi meriti di un film che non aspira alla leggenda, ma solo a divenire un piccolo piacere per spettatori disillusi.

Manuel “Ash” Leale

The Shallows
Anno: 2016
Durata: 87 min
Regia: Jaume Collet-Serra
Sceneggiatura: Anthony Jaswinski
Fotografia: Flavio Martínez Labiano
Montaggio: Joel Negron
Musiche: Marco Beltrami
Scenografia: Hugh Bateup
Interpreti: Blake Lively, Óscar Jaenada, Brett Cullen

shallowsgermanposter
shallows
maxresdefault2

I ragni culoni e vomita lava di Mike Mendez

21 giovedì Lug 2016

Posted by andreaklanza in animali assassini, azione, film pericolosamente brutti, I grandi saggi di Malastrana vhs, Recensioni di Andrea Lanza, scifi horror

≈ 6 commenti

Tag

andrea lanza, attori ricoglioni che fanno jogging nudi, big ass spider, dominic purcell, film brutti di sky, gravedancers, lavalantula, mike mendez, oakley stevenson, ragni giganti, recensione, recensioni, registi innamorati non corrisposti, steve guttenberg, the convent

Mike Mendez non si può certo dire un regista conosciuto al grande pubblico, ma è un regista con le palle, questo sì. La sua carriera conta almeno un film wow, uno di quelli che ti fa scorticare le mani dall’entusiamo, quel The convent che iniziava con l’ingresso in chiesa di  una ragazza (Oakley Stevenson, la ex del regista) fucile a pompa in mano, occhiali scuri e musica anni 50 di sottofondo, e che continuava con suore demoniache sbavanti slimer verde in un’orgia di splatter e umorismo nero. Una cosa che, magari, se non sei cresciuto a pane e Kevin S. Tenney, cullato dal suo immenso La notte dei demoni, non puoi capire, ma, anche non capendolo, è l’adrenalina che sale, è la figaggine dell’insieme che tocca il vertice Armata delle tenebre, quindi il massimo del top cool consentito. Anche il suo Gravedancers non è male ed è quasi un mezzo miracolo perchè di solito vale l’assioma “Dominic Purcell nel cast, merda di sicuro”, ma stavolta, pur essendoci Dominic Purcell, il gigante pelato di Prison break, il Drake di Blade Trinity, il disastro non avviene, pur essendo il film non un capolavoro ma un’onesta pellicola spaventella di fantasmi (con sempre Oakley Stevenson fighissima a fare capolino).

TheConvent

Capolavoro

E’ in questo periodo che il buon Mike dev’essere caduto in depressione e, vuoi i problemi di coppia con Oakley, vuoi che i suoi film non sono propriamente dei campioni di incassi, viene fagocitato dalla tv e dal cinema più basso, quello che gioca a fare Hollywood con i soldi del Monopoli. Questi vampiri moderni che già avevano azzannato e prosciugato il bravissimo Sheldon Wilson,uno che da un capolavoro come Shallow ground ha girato solo merde televisive come Mega Cyclone, Snowmageddon, Shark killer e Scarecrow, ora ci provano con Mike nostro. Eccolo allora al soldo della Epic Pictures, già artefice del peggior lavoro di Darren Lynn Bousman 11-11-11, con Big Ass Spider, e poi del canale Syfi, quello che vive di asylumate come Sharknado, con Lavalantula, che non è un film sulla bella lavanderina ma su dei ragni che vomitano lava.

1397052595_big-ass-spider-in-streaming

Mike Mendez se la cava meglio del previsto e riesce a portare a casa, almeno con Big Ass spider, un film spassoso.

Merito dei dialoghi brillanti e della simpatia di Greg Grunberg, amico di J. J. Abrams e uno degli Heroes più carismatici dell’altalenante serie tv, l’agente Parkman, capace di leggere il pensiero altrui.

hero_BigAssSpider-2013-2

Big ass spider ha una marcia in più rispetto a tutti i film sui ragnoni giganti che infestano le serate di Sky Max: in primis ha ritmo da vendere, una regia potente e tanto divertimento. Nella prima parte si respira aria sincera da drive in, un po’ alla Bert I. Gordon, con le tarantole giganti a fare danni in città. Non dimentichiamo che Mendez qua e là ci infila qualche elemento scorretto come un fotografo dilaniato dalle zampone dell’insetto gigante o un barbone con il viso liquefatto dalla bava all’acido della creatura. Purtroppo gli effetti speciali sono quello che sono e nella seconda parte si percepisce un’aria di miserabilità indecente con riprese velocissime e forzatamente dillettantesche per mascherare il budget bassissimo. Però che meraviglia l’intro con Greg Grunberg che si sveglia sulle note dolcissime di Where Is my Mind mentre la città è impazzita e il ragno gigante sta scalando, tipo King Kong, un palazzo. Non dimentichiamo poi il genio suicida di chiamare un film Ragno culone e pretendere di essere preso sul serio. Per la cronaca quel culone lo faranno esplodere a colpi di bazooka.

2-Mondo-Cinema-Big-Ass-Spider-October-2013-spider-climbing-building_092303

Il film mantiene con grazia quella dimensione di umorismo che non scade mai nella parodia demenziale anche davanti a situazioni assurde, e la malassortita coppia Greg Grunberg/Ruben Pla, il disinfestatore e la guardia di sorveglianza ispanica, sono pronti, almeno sulla carta, a tornare in Scarrafone culone sulle note di La cucaracha. Film che ovviamente non si farà mai.

Il resto del cast, da Ray Wise, ex papà di Laura Palmer, alle bonissime Alexis Kendra e Clare Kramer, non lasciano il segno, con performance stanche e di maniera, e personaggi presentati e poi abbandonati senza molta logica.

Sia ben chiaro siamo davanti ad un film che risica un 6 sulla pagella, ma per lo meno è ben confezionato e non annoia.

Lavalantula-Movie-HD-Images

Peggio però Mendez farà con Lavalantula, prodotto dalla Syfi sulla falsariga del successo Sharknado. Se nel film dell’Asylum il genio era di unire due elementi eterogenei come squali con tornadi, qui si fa lo stesso con tarantole e vulcani. Lo scenario d’altronde è sempre la Los Angeles di Big Ass Spider, questa volta in piena eruzione di un vulcano, dal quale fuoriescono ragnoni incazzati che vomitano lava. Per ampliare l’effetto puttanata quale ideona butta fuori la Syfi? Resuscitare il cast di scuola di polizia per combattere la minaccia aracnoide. Giuro. Il cast di Scuola di polizia o almeno gli attori rimasti in vita o con bollette troppo care da pagare.

f40370ee6732e283423a102cf878fd31

Tremate ragnoni!

Ecco allora in pista, Steve Guttemberg, l’ex Carey Mahoney, Marion Ramsey e la sua fastidiosa vocina, la tettutissima Leslie Easterbrook, e naturalmente Michael Winslow con l’immancabile scena d’imitazione di un’arma da fuoco. In mezzo a questo aggiungiamoci una regia mai così distratta di Mendez, effetti speciali più brutti di Big Ass spider che già erano oltre il brutto, battute autoreferenziali su Scuola di polizia che non fanno mai ridere, scene di inseguimento da comiche anni 30 e, dulcis in fundo di questa merda, l’apparizione senza senso di Ian Ziering da Sharknado che afferma “Sono già impegnato con gli squali, scusate”. Sono già impegnato con gli squali? Ma vaffanculo, Ian.

lavalantula_hero

Momento epico

Sembra che Steve Guttenberg abbia accettato con gioia l’idea di fare questo Lavalantula, rilasciando dichiarazioni come “Il mio film del rilancio” che ben fanno intendere la sua fragile situazione mentale. Tempo fa i paparazzi l’avevano ripreso che faceva jogging a Central Park senza le mutande e i pantaloncini, in grave stato confusionale. Leggenda racconta che l’Asylum avesse proposto proprio a lui il ruolo di protagonista in Sharknado e che lui l’avesse rifiutato. Non gli deve essere sembrato vero accettare Lavalantula! L’occasione di una vita!

2-guttenbergnudo-002
6a00d8341bf8ea53ef010535dd2efa970c-800wi
eDc5YzJmMTI=_o_cadet-mahoney-runs-pantsless-in-park-steve-guttenberg-

Lavalantula purtroppo è un film fastidioso, noioso e, Dio sia ringraziato, ce lo siamo, per ora risparmiati in Italia. Siamo sicuri però che tra uno Sharknado 4 e un Mega squalo contro Atlantic Rim, apparirà, prima o poi, nei peggiori palinsesti di Sky tv.

Questo però non toglie che Mendez sia un regista di alto valore e speriamo che il prossimo Don’t Kill It con Dolph Lundgren che prende a fucilate i demoni dell’inferno lo risveglino dal torpore dei ragni culoni e delle tarantole che assediano la Scuola di polizia.

1800773,e037NFsh+Krq06U7tnE3LMvUmnWzIKMK6lhhB+S0g9uMHY6n9UFdx_F1sfhwcUnP_6c6uuIOt37+Um3E6fWHFg==

Oakley spezzacuori

Poi Mike davvero ci sono altre donne oltre a Oakley, la vita continua, basta farsi male.

Andrea Lanza

Lavalantula - 2015

Che faccio, Mike? L’imitazione di un fucile?

Shark week

06 mercoledì Lug 2016

Posted by andreaklanza in action, animali assassini, azione, film pericolosamente brutti, Recensioni di Andrea Lanza, S

≈ 6 commenti

Tag

asylum, attori rimbambiti, christopher ray, fred olen ray, patrick bergin, squali alpitour, squali incazzati, yancy butler

L’Asylum, quella meravigliosa gabbia di matti che sarà ricordata negli annali non per la qualità delle loro opere, ma per la loro miserabilità, dopo il successone interplanetario di Sharknado, tornadi con dentro squali, ha aperto le porte a una serie di shark movie bizzarri, a volte prodotti da loro, a volte imitati da altri, come l’incredibile Sharktopus vs Pteracuda, “una storia d’amore” come recita il delirante sottotitolo.

Una storia d’amore ispirata ad eventi veri…

L’Asylum dal conto suo non ha prodotto “storie d’amore” ma se l’è cavata benissimo con squali a tre teste, mega squali contro Robot titanici che neppure il Titan di Zagor si immaginava, Mecha squali e chi più ne ha più ne metta, tanto che si vocifera uno spin off tra Ice T vestito da squalo e Don Salvatore di Gomorra, sullo sfondo di una Scampia pericolosamente somigliante alla Ibiza postatomica di Atlantic Rim.

Over faij, Lanza?

Con Shark week diciamo che l’Asylum aggiusta il tiro, apparentemente: niente stronzate esagerate, niente parossismi assurdi e telefonati, siamo in campo horror torture porn, roba mica da ridere, una cosa che suona come Lo squalo incontra The saw. Quindi il plot vede un gruppo eterogeneo di sfortunati protagonisti svegliarsi su un’isola deserta, in balia del sadismo di un boss della droga, El tiburon, fissato, visto il suo nome, con gli squali. Il film appunto è una sequela di prove che i poveri sfortunati dovranno superare per sopravvivere e che sono sempre, con la variante della specie affrontata, una battaglia con un pescione, di volta in volta, più cattivo e feroce.

Il regista Christopher Ray, figlio del mitico Fred Olen Ray di tante zozzonerie anni 80 che amiamo, ha una regia abbastanza elegante e all’inizio sembra quasi crederci alla storia, riuscendo, pur nell’incapacità di girare una scena di lotta decente e non ridicola, a dare un minimo di suspense al film. Poi naturalmente tutto diventa un asylunata.

Sono Christopher Olen Ray e vi giuro che sono bravo! Ho pure il martello di Thor!

Quindi, via di terreni che crollano a comando, di squali uccisi a mani nude con i cazzotti o con legnettini che non farebbero il solletico neppure al mio pisello che per antonomasia è sensibile, di terreni minati pericolosissimi che bisogna stare attenti a dove metti i piedi, ma che poi basta correre e ti salvi, le stesse mine che non esplodono mai, neanche se le scuoti, ma che quando lo squalo ti attacca, boom, esplodi con lui.

Peccato perchè proprio Cristopher Ray aveva girato una versione femminile non male di Expendable, Le mercenarie, con il guizzo di metterci come villain proprio l’ex moglie di Stallone, Brigitte Nielsen. Sono sicuro che il ragazzo, lontano dall’Asylum, se mai lo farà, potrà fare qualcosa di buono, ma dovrebbe rivedere alcune sacrosante regole del B movie. Ovvero, se non hai budget, se il tuo film è cretino, se i tuoi attori fanno schifo al cazzo, mettici delle tette. Le tette non salvano il disastro, ma rendono tutto meno disgustoso, come un pompino dopo un pugno, come il cacio su dei terribili maccheroni, come un po’ di budello quando non sei zio Alfred. Per Christopher, anima pura, purtroppo le tette non esistono, esistono solo brutti squali in pessima computer grafica e la gigioneria di Patrick Bergin nel ruolo del Tiburon.

Patrick Bergin che fa il cattivo sornione

Patrick Bergin che fa il cattivo sornione

Ora io Patrick Bergin non lo vedo da un po’, ma lo ricordavo bravo, con i suoi baffoni da serial killer anni 90, preso ad infastidire una Julia Roberts ancora scopabile in A letto col nemico o a fregare la gente nella versione discount di Robin Hood senza Kevin Costner, un attore dignitoso, con carisma, ma è brutto constatare che, dopo 20 anni di oblio, sia diventato il peggior cagnaccio sulla terra.

Patrick Bergin in Shark week è col pilota automatico di gigioneria fuori controllo, strabuzza gli occhi, fa le facce, urla, poi all’improviso si quieta per bere sangue di squalo e urlare ancora più forte. Una cosa che neppure nei peggiori filmacci girati da Bruno Mattei, quando l’attore protagonista americano era in evidente botta di droga o di vinazza, potevi vedere e che, sapendo che hai davanti Patrick Bergin in mood Al Pacino di Bangladesh, ti crea un disagio infinito. Ecco che Shark week ti rende come una mamma davanti al figlio scemo che senti di dover uccidere ma non puoi.

6646_4

Il resto del cast è agghiacciante e l’Oscar della dilettante d’oro è meritato da Yancy Butler, ex ragazza strafiga di Van Damme in Senza tregua di John Woo, ex Sara Pezzini di Witchblade la sfigatissima serie tv, e ora sfattissima 46enne sul viale di un tramonto che non ha mai visto l’alba. Quando viene fatta esplodere, in una delle tante scene sceme ideate dai due sceneggiatori Liz Adams e H. Perry Horton, non può non scattare l’applauso dello spettatore sfiancato dai tanti piagnistei dell’attrice.

photo-shark-week-2012-2

Peccato perchè sulla carta il film poteva non essere male in questa bizzarra commistione shark movie/torture porn, ma, come detto, nella mani della produzione Asylum tutto viene buttato in un film incolore e anonimo, senza sangue o sesso, senza nessun elemento, e stavolta neanche l’assurdità di fondo di uno Sharknado, a salvare capra e cavoli. Non mi sento di dare la colpa al buon Christopher Ray che, alla fin fine, deve arrangiarsi con il budget che ha, lo script indecente e gli attori ululanti. Un paio di scene, sia dato atto, come il riuscito prologo, riesce a metterle a segno con stile.

Iniutile dire che fossi in voi sceglierei un altro weekend, non questo a base di squali. Questo è come una vacanza fai da te senza Alpitour. Aiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiaiai!

Andrea Lanza

 

Shark week

Regia: Christopher (Olen) Ray

Cast: Yancy Butler, Patrick Bergin, Joshua Michael Allen, Bart Baggett, Erin Coker, Frankie Cullen, Valerie K. Garcia, Billy Ray, Meredith Thomas

Durata: 90 min.

Anno: 2012

49171046_AflamHQ.com

 

← Vecchi Post

Blogroll

  • Araknex's Film Critic Horror Vault
  • Ash Movies box
  • Film trash di Andrea Osiander (pagina facebook)
  • Fumetti Etruschi
  • Going the asylum
  • Il braccio della morte
  • Il Zinefilo
  • L'osceno desiderio
  • La Bara Volante
  • Malastrana FB
  • Moz O'Clock – nerdblog retro & pop
  • Nido di Rodan
  • pensieri da tergo
  • Scarica il magazine numero 0
  • Visione sospesa

Articoli recenti

  • A me… a me mi… A me (non) mi piace così (Il 2019 di Malastrana vhs) Parte seconda
  • A me… a me mi… A me mi piace così (Il 2019 di Malastrana vhs) Parte prima
  • La saga de Il ragazzo dal Kimono d’oro
  • Dellamorte Dellamore
  • Gli occhi indiscreti di uno sconosciuto

Archivi

  • dicembre 2019
  • novembre 2019
  • ottobre 2019
  • settembre 2019
  • agosto 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • Mag 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • Mag 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • agosto 2017
  • luglio 2017
  • Mag 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • Mag 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • luglio 2015
  • giugno 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • agosto 2014
  • luglio 2014
  • giugno 2014
  • Mag 2014
  • aprile 2014
  • febbraio 2014
  • gennaio 2014
  • dicembre 2013
  • novembre 2013
  • ottobre 2013
  • settembre 2013
  • agosto 2013
  • luglio 2013
  • giugno 2013
  • Mag 2013
  • aprile 2013
  • marzo 2013
  • febbraio 2013
  • gennaio 2013
  • dicembre 2012
  • novembre 2012
  • ottobre 2012
  • settembre 2012

Categorie

  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 9
  • A
  • action
  • action comedy
  • Albi di sangue
  • alieni
  • animali assassini
  • anteprima
  • asylum
  • azione
  • B
  • B movie gagliardi
  • backstage
  • Bruce Campbell
  • C
  • cannibali
  • capolavori
  • case apocrife
  • cellulari demoniaci
  • comico
  • commedia
  • commedia horror
  • corn flake
  • curiosità
  • D
  • demoni
  • drammatici
  • E
  • editoriale
  • Empire
  • erotici
  • F
  • Fabrizio De Angelis
  • fantascienza
  • fantasmi
  • film ad episodi
  • film pericolosamente brutti
  • folletti
  • freddy krueger
  • Full Moon
  • G
  • goethe
  • H
  • hardcore
  • I
  • I grandi saggi di Malastrana vhs
  • il grande freddo
  • Indie
  • J
  • Jackie Chan
  • K
  • L
  • Le notti mai viste di Zio Tibia
  • Le recensioni di Davide Viganò
  • Le recensioni di Luigi Pellini
  • Le recensioni di Masoman
  • licantropi
  • linda blair
  • live action
  • M
  • mondo movie
  • mostriciattoli
  • N
  • neo neorealista
  • nightmare
  • nightmare on elm street
  • ninja
  • O
  • P
  • postatomici
  • poster gagliardi
  • Q
  • R
  • Recensioni di Alexia Lombardi
  • Recensioni di Andrea Lanza
  • Recensioni di Daniele "Danji Hiiragi" Bernalda
  • Recensioni di Daniele Bernalda
  • Recensioni di Daniele Pellegrini
  • Recensioni di Danny Bellone
  • Recensioni di Davide Comotti
  • Recensioni di Domenico Burzi
  • Recensioni di Manuel Ash Leale
  • Recensioni di Marcello Gagliani Caputo
  • Recensioni di Mariangela Sansone
  • Recensioni di Napoleone Wilson
  • Recensioni di Silvia Kinney Riccò
  • Recensioni di Stefano Paiuzza
  • Recensioni di Zaira Saverio Badescu
  • Recensioni Francesco Ceccamea
  • remake
  • ripoff
  • robert englund
  • robot malvagi
  • S
  • satana
  • scifi horror
  • Seguiti direct to video
  • Senza categoria
  • serie tv
  • Shark Movie
  • slasher
  • splatteroni
  • starlette
  • streghe
  • T
  • tette gratuite
  • tette vintage
  • thriller
  • trailer dall'oltrespazio
  • U
  • V
  • vampiri
  • Van Damme
  • videogame
  • vogliamo ricordarlo così
  • W
  • War movie
  • western
  • X
  • Y
  • zombi

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Flusso di pubblicazione
  • Feed dei Commenti
  • WordPress.com

Annulla
Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie