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Siamo ormai nel 2020 inoltrato. Nell’ultimo anno abbiamo avuto due attentati terroristici, un impeachment presidenziale, l’abdicazione di un imperatore, l’incendio di una delle cattedrali più famose del mondo, un’ondata di proteste sociali a Hong Kong e Greta Thunberg. Per non farci mancare nulla abbiamo anche una pandemia di portata quasi mondiale. È in momenti come questi che ripenso a quanto la vita fosse più facile quando eravamo bambini. Perlomeno quando quelli della mia generazione erano bambini, ma non fate tanto i giovani adolescenti che presto toccherà anche a voi bere la tisana serale e digerire un Whopper dopo due giorni. “Gli anni d’oro del grande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph” cantava il nostro amato bardo della disillusione generazionale, Max Pezzali, e al diavolo le sue verità e la lacrimuccia che scende ogni volta che l’attualità mi rende malinconico. Sì, perché un figlio degli eighties come me si porta dentro una lezione importante, una verità incisa nella carne che nessuna candelina in più sulla torta potrà mai cancellare: quando la terra è avvolta in tempi bui, quando l’umanità è in pericolo, quando ogni speranza vacilla volgi gli occhi al cielo e aspetta…un Super Robot ci salverà!

Che ci volete fare, siamo cresciuti a girelle, tè freddo e robot giapponesi, è impossibile non avere gli occhi lucidi pensando al “cuore di un ragazzo che senza paura sempre lotterà” e che “difendiam la Terra dall’ombra della guerra”. Che poi potremmo stare ore a parlare delle differenze fra real robot e super robot, ma chissenefrega: i robottoni sono giganteschi, hanno un arsenale di armi che farebbe impallidire i cattivoni russi dei film anni ’80 e sono pilotati da esseri umani. Non esiste, ripeto, non esiste nulla di più figo di un Robot gigante da pilotare per combattere il male e non nascondiamoci dietro un dito, avere un Megazord a portata di mano è il sogno di ogni maschietto. Non importa che la dura realtà ci rovesci merda addosso e uccida i nostri sogni d’infanzia, dateci un Megazord e renderemo il mondo un posto migliore. Così, nell’impossibilità di pilotare Gundam, ci consoliamo con i vari Transformers che il Sommo Michael Bay ci regala e con le estemporanee sorprese alla Pacific Rim di Guillermo Del Toro. Ma, ormai lo sapete che c’è sempre un “ma”, c’è un’altra persona che, nel 1990, ha tentato l’impresa di rendere reali i Super Robot: prima di Bay, prima di Del Toro, c’era Mister Stuart Gordon.
Il suo nome non è certo nuovo ai cultori dell’horror, essendo il geniale regista di due cult come From Beyond (1986) e soprattutto Re-Animator (1985). Classe 1947, Gordon è uno dei Masters of Horror e in una carriera durata fino a questo infausto anno ha diretto gente come Oliver Reed, Joe Mantegna, Christopher Lambert, William H. Macy, Mena Suvari, Lance Henriksen e pure il nostro Luca Zingaretti. Ma era il 1987 quando il regista statunitense rimase in qualche modo affascinato dal successo ottenuto dal media franchise Hasbro/Takara Tomy dei Transformers, altro pezzo della nostra infanzia. Il concept stimolò la sua fantasia, e da lì a proporre un film dove Robot giganti combattevano fra loro il passo fu breve. Insieme allo scrittore Joe Haldeman e all’amico Charles Band con la sua Empire International Pictures, Gordon diede vita a Robot Jox.
Con diversi milioni di dollari di budget, alcune fonti dicono sei altre dieci, tutto quello che la Empire potesse permettersi, il film racconta di un futuro dove il mondo è sopravvissuto a un olocausto nucleare. Si è deciso quindi di vietare ogni guerra e le nazioni si sono divise in due sole fazioni: da una parte il Mercato e dall’altra la Confederazione. Il solo modo per dirimere le dispute territoriali è un combattimento fra due enormi mecha, pilotati dai Robot Jox. Achille e Alexander, i due piloti delle opposte forze governative, si affrontano in grandi arene mettendo in gioco la loro vita per la causa. Insomma, cosa si vuole di più? Siamo nel 1990 e abbiamo un film con Robot alti come grattacieli, piloti cazzuti e battaglie nelle arene. E questo nove anni prima del prodigio che segnò la netta divisione fra pre e post, Matrix. Un sogno per molti ragazzini appassionati, non fosse che Robot Jox fu un poco sfortunato. In primis Gordon e Haldeman si trovarono in forte disaccordo sul tono generale del film, in quanto il primo voleva un film per ragazzi godibile anche dagli adulti e il secondo desiderava esattamente l’opposto. E poi il budget ridusse praticamente la Empire in bancarotta e per salvare tutta l’operazione dovette intervenire un’altra casa di produzione.
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Stuart ci mancherai
Naturalmente i problemi di budget minarono il film quasi totalmente, sebbene la stop motion del grande Dave Allen è stata capace di regalarci un’introduzione incredibile, da bava alla bocca. E infatti è qui, in scene come questa, che Robot Jox dà il meglio, dove Stuart Gordon si sente a suo agio e nel pieno della sua idea e dove prende a calci il low budget creando momenti tesi fra lo spettacolare e il divertente, dimostrando ancora una volta la sua genialità. Tutto questo purtroppo non salva quella che avrebbe potuto essere un opera assolutamente memorabile e degna, questa sì, di un remake hollywoodiano. Troppe teste, troppe idee diverse e pochi soldi: Robot Jox resta in quel limbo magico e dannato, fra il patetico e il sublime, dove risiedono le leggende, ed è lecito credere fermamente che con un budget più alto sia la visione di Gordon che quella di Haldeman sarebbero diventate pietra di paragone. Ma la realtà, ancora una volta, si è prodigata come un Tristo mietitore per rovinare i nostri sogni di bambini, almeno fino a quando Michael Bay ha deciso altrimenti. E si sa, contro Bay neppure la vile Realtà può nulla. Ma questa è un’altra storia.
Stuart Gordon ha segnato pagine cult e indimenticabili del Cinema horror, vincendo anche come miglior regista al nostro Fantafestival, nel 1998, con Il meraviglioso abito color gelato alla panna, scritto da quell’innovatore di Ray Bradbury. Se n’è andato pochi giorni fa, il 24 Marzo a 72 anni, in questi tempi assurdi di virus e quarantena, a causa di una sindrome sistemica. Con lui se ne va un grande autore horror, un uomo che non ha mai visto nel Genere del semplice escapismo, bensì la possibilità di manifestare il tuo talento autoriale. E l’ha fatto fino alla fine, con la sua carica sovversiva, il suo amore per la settima arte e per quel Cinema di Genere che, forse, adesso inizia davvero a scomparire.
Manuel “Ash” Leale
Robot Jox
Anno: 1989
Genere: fantascienza
Regia: Stuart Gordon
Interpreti: Gary Graham, Anne-Marie Johnson, Paul Koslo, Robert Sampson, Danny Kamekona, Hilary Mason, Michael Alldredge, Ian Patrick Williams, Hal Yamanouchi, Stuart Gordon (non accreditato)
Durata: 85 min