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Young guns 2: La leggenda di Billy the Kid

24 martedì Lug 2018

Posted by andreaklanza in Recensioni di Manuel Ash Leale, western, Y

≈ 2 commenti

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Alan Ruck, Balthazar Getty, christian slater, Emilio Estevez, Geoff Murphy, James Coburn, john bon jovi, Kiefer Sutherland, la leggenda di billy the kid, Lou Diamond Phillips, R.D. Call, William Petersen, young guns 2

Il 14 Luglio del 1881, Henry McCarty, alias Henry Antrim, alias William H. Bonney, alias Billy the Kid, venne ucciso a Fort Sumner colpito a morte da un colpo di pistola dello sceriffo Patrick “Pat” Garrett. Prendendo elementi storici reali e inserendoli in una drammatizzazione in bilico tra serio e scanzonato il film, scritto nuovamente da John Fusco e diretto da Geoff Murphy, prende il via da un fatto vero accaduto nel 1950: l’avvocato William Morrison scoprì che nella città di Hico, in Texas, esisteva un uomo che dichiarava di essere Billy the Kid, tale Brushy Bill Roberts, scampato alla morte. Da qui il film prosegue, con la voice over del vecchio cowboy che racconta gli ultimi periodi della leggenda di Kid e quello che successe alla sua banda, dalla latitanza al tradimento di Garrett, fino alla presunta uccisione a Fort Sumner. Controverse, in realtà, le dinamiche legate alla morte di Kid e studi dei primi anni duemila attestano quella da sempre più accreditata come falsa. Ciononostante la storia di McCarty e del suo amico e avversario Pat Garrett è entrata di diritto nelle leggende del vecchio West, ispirando opere, romanzi e lasciando un segno anche nel cinema. Da Furia Selvaggia (1958) di Arthur Penn a Pat Garrett e Billy Kid (1973) di Sam Peckinpah, fino a rivisitazioni più moderne, tentativi di portare il western sotto gli occhi di una generazione più giovane, come Young Guns. Quando il primo capitolo dell’esperimento post moderno di John Fusco e Christopher Cain venne alla luce, nel 1988, venne vietato agli under 17, segno che l’idea di usare giovani attori promettenti in uno script con piglio da commedia ben si sposava alla violenza che si decise di mettere in atto. Young Guns colpì nel segno non tanto nella critica o nella massa di spettatori, dove ebbe un riscontro altalenante, quanto piuttosto nel portare alle nuove generazioni di allora un Genere ormai secondario, per non dire defunto. Due anni dopo quest’incursione dall’atteggiamento rivoluzionario, le Giovani Pistole imbracciarono nuovamente le armi per un secondo capitolo e visto che gli adattatori italiani amano i sottotitoli, perché probabilmente vogliono salvarci dalla nostra stupidità, ecco l’aggiunta essenziale: Young Guns 2 – La leggenda di Billy the Kid. Ringraziate, massa di ignoranti.

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Il 1990, anno d’uscita del film negli States, è anche l’anno in cui Kevin Costner portò al cinema la sua opera più famosa, vincitrice di sette premi Oscar e campione d’incassi: Balla coi lupi. In quello stesso anno uscì pure Carabina Quigley, con Tom Selleck e da lì in avanti il Western parve mandare nuovi segnali di vita notevoli, considerando che le annate successive sfornarono Conagher, Gli Spietati, il Geronimo di Walter Hill, Jonathan degli orsi e via così. Young Guns 2 si discosta dai suoi colleghi di Genere, provando a mantenersi sulla stessa lunghezza d’onda del suo predecessore. Inutile dire che, questa volta, la miscela riesce solo a metà ed è facilmente intuibile dal PG-13 assegnato come il film di Murphy viaggi su di un binario simile ma parallelo, incrociando la corsa del primo capitolo in qualche occasione.

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Questa non venga però intesa come una pecca: Young Guns 2 brilla di luce propria, con tutti i pregi e i difetti della sua regia particolare e della volontà produttiva di non tagliare il target di riferimento. Ogni cosa è fatta per attirare il pubblico giovane, dagli attori, di nuovo capitanati da un frizzante Emilio Estevez, alla musica di Jon Bon Jovi che proprio in quell’anno si dedicò alla carriera solita con Blaze of glory, peraltro colonna sonora del film. Ed è impossibile decontestualizzare tutto ciò, specialmente per uno che, in quegli anni, viveva la sua adolescenza. Il dittico di Fusco è goliardia e sangue, sogni e disillusione, libertà e anticonformismo, è il canto della ribellione di un pugno di ragazzi sotto i trenta che, in barba ai mostri sacri del Western, si prendono il loro spazio con l’energia sconsiderata della gioventù.

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Meno violento, ma anche più cinematografico del predecessore, il film di Murphy perde per strada qualche caratterizzazione che sarebbe stato interessante approfondire, come il Chisum di James Coburn, tuttavia guadagna con l’incipit la possibilità di rielaborare la storia e concederle un respiro più ampio. Il viaggio della banda è ritmato in modo solido e pulito, adagiato sulla musica prepotente di Alan Silvestri e sì, diciamolo pure, tutto è più forte anche per il ricordo che abbiamo del film.

Perché Young Guns 2 non è il capolavoro, parola abusata ormai svalutata, non è l’opera che ha ridefinito o rinnovato il Genere. Non è nulla di questo. Ma sfido chiunque a dire che non ha un cuore grande quanto la leggenda del far west.

Manuel “Ash” Leale

 

Young Guns 2 – La leggenda di Billy the Kid

Titolo originale: Young Guns II

Anno: 1990

Regia: Geoff Murphy

Interpreti: Emilio Estevez, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Christian Slater, William Petersen, Alan Ruck, R.D. Call, James Coburn, Balthazar Getty

Durata: 104 min.

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Young guns (Giovani pistole)

16 lunedì Lug 2018

Posted by andreaklanza in Recensioni di Andrea Lanza, western, Y

≈ 3 commenti

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Alice Carter, Brian Keith, Casey Siemaszko, Charlie Sheen, Christopher Cain, Dermot Mulroney, Emilio Estevez, Geoffrey Blake, Jack Palance, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Patrick Wayne, Terence Stamp, Terry O'Quinn, young guns

“Sulla sua tomba qualcuno incise una sola parola, amici”.

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1878, Nuovo Messico. John Tunstall assolda un gruppetto di giovani pistoleri per farli lavorare al proprio ranche, ma anche per insegnare loro a leggere e renderli degli onesti cittadini. Tuttavia l’uomo rappresenta anche un serio ostacolo agli affari del ricco rancher Murphy, suo concorrente nella vendita di bovini. Proprio per tale ragione, Tunstall viene ucciso dagli uomini di Murphy Nonostante l’evidenza dell’accaduto il giudice Wilson si dimostra incapace di fare giustizia, dato che il corrotto sceriffo Brady è uno degli uomini di Murphy. Decisi comunque a vendicarsi, cinque dei giovani accolti da Tunstall, guidati da William Bonney, decidono di farsi giustizia da soli e diventano degli eroi e William viene soprannominato “Billy the Kid”. Tuttavia i cinque giovani dovranno vedersela da un lato con l’esercito che è sulle loro tracce e dall’altro con gli uomini del feroce Murphy, decisi a ripristinare l’ordine.

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Quest’anno Young Guns (o col titolo porno italiano Giovani pistole) compie ben 30 anni, ma sarà difficile che qualcuno festeggi il suo compleanno perché di solito il film di Cristopher Cain, pur avendo avuto un buon successo commerciale all’epoca, viene ricordato poco o male.

Ed è un peccato perchè questo anomalo western, girato in un periodo dove il western ormai era morto, è davvero un esperimento interessante, un’opera postmoderna dal sapore steampunk che trasuda non solo amore per il genere ma rabbia giovane di rivoluzione cinematografica.

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Di solito si ricorda Young Guns solo per essere stato la vetrina di un mucchio di giovani promesse, molte non mantenute, del cinema, alcuni, come Emilio Estevez o Kiefer Sutherland, appartenenti al movimento brat pack ottantino, del quale questo film potrebbe essere un anomalo esponente.

Giovani pistole però non è solo questo: si tratta di un western modernissimo che tenta la carta giovane per svecchiare un genere snobbato dai giovani. Lo fa con l’azzardo di schitarrate rock nei duelli, con un’ironia più marcata che sembra uscita da una commedia di John Hughes, ma soprattutto promuovendo a protagonisti dei ragazzini con soltanto l’accenno di barba. E funziona.

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Il film è girato con energia da Christopher Cain, un autore  interessante soprattutto per quel gagliardo The principal dell’anno precedente, una Scuola della violenza con un inaspettato James Belushi che insegna, a suon di calci nel culo e colpi di pistola, ad un gruppo di teppisti in una scuola, come si vive (o si muore).

Aiutato anche da una bella sceneggiatura di John Fusco che ha l’intuizione di raccontare la storia di Billy the Kid nell’inedita cornice delle sue prime avventure, il regista compie il miracolo di mettere in scena una storia piena di violenza (uccisioni brutali improvvise, massacri dove i corpi vengono crivellati letteralmente dai proiettili) con un piglio guascone e scanzonato. In questo strano mix ben shakerato che ha il rispetto per i grandi classici, da Leone a John Ford, ma li guarda come un’azzardata rilettura pulp pre Tarantino, emerge, in un bel gruppo di attori, soprattutto Emilio Estevez. Il suo Billy The Kid è straordinario, qualcosa di completamente diverso da qualsiasi altro Billy The Kid sullo schermo, da Kris Kristofferson a Paul Newman, una sorta di simpatico psicopatico con la risata sempre pronta nelle più disparate occasioni, sia che uccida a sangue freddo che si diverta con i suoi fratelli/compagni di avventura.

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Buone anche le interpretazioni dei suoi colleghi, da un  giovanissimo Kiefer Sutherland nei panni di Doc Scurlock a Lou Diamond Phillips che interpreta con trasporto l’indiano/messicano Chavez y Chavez, ultimo della sua tribù dopo il massacro del Sand Creek. Meno convincente Charlie Sheen, visibilmente a poco agio nei panni del cowboy, uno dei personaggi più antipatici per un attore che non ha mai peccato di simpatia.

Se invece doveste chiedervi chi diavolo fossero Dermot Mulroney o Casey Siemaszko, all’epoca anche loro giovani promesse, beh credo che il non ricordarveli è già una risposta sufficiente al segno che hanno lasciato al cinema.

Compongono il cast due vecchi mostri sacri, Jack Palance e Terence Stamp, in due ruoli subliminali ma di un certo impatto: il primo è il cattivissimo L. G. Murphy, il secondo interpreta John Tunstall, mentore e padre putativo della giovane banda.

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In Young Guns si affronta la battaglia di Lincoln county, uno degli eventi probabilmente meno conosciuti al grande pubblico, una guerra tra allevatori che causò non pochi morti e che coinvolse personaggi entrati nella leggenda del western movie come il Chisum di John Wayne.

In un ruolo minore possiamo trovare l’imbalsamato figlio del Duca, Patrick, che fortunatamente nel seguito, come Pat Garrett, verrà sostituito dal più efficace William Petersen.

Giovani pistole è una pellicola da riscoprire, mai noiosa, moderna, ora come trent’anni fa, e che poteva essere un’idea per far rinascere il genere western dopo i fallimenti di Silverado e prima dell’araldo Balla coi lupi.

Due anni dopo, nel 1990, un seguito godibile ma fracassone, spettacolare ma superficiale, distruggerà completamente una serie come quella di Young Guns, perfetta per un solo memorabile capitolo.

Andrea Lanza

Young Guns (Giovani pistole)

Anno: 1988

Regia: Christopher Cain

Interpreti: Emilio Estevez, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Charlie Sheen, Dermot Mulroney, Casey Siemaszko, Terence Stamp, Jack Palance, Terry O’Quinn, Geoffrey Blake, Alice Carter, Brian Keith, Patrick Wayne

Durata: 90 min.

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Spalle larghe (Youngblood)

13 venerdì Lug 2018

Posted by andreaklanza in drammatici, Recensioni di Andrea Lanza, S, Y

≈ 4 commenti

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cinema, Cynthia Gibb, Ed Lauter, Eric Nesterenko, film, Fionnula Flanagan, George J. Finn, hockey, Jim Youngs, Keanu Reeves, Ken James, Patrick Swayze, Peter Faussett, peter markle, recensioni, rob lowe, spalle larghe, sport, Walker Boone, youngblood

Personalmente mi piacciono molto i film adolescenziali girati negli anni 80 sulle varie discipline sportive: dalle arti marziali dei tre Karate Kid alla boxe o al basket dei due Voglia di vincere. Non conoscevo però questo Spalle larghe, in originale, dal cognome del protagonista, Youngblood, ed è assurdo perché è una pellicola con un ottimo cast di giovani promesse (a volte non mantenute). In America fu anche un successone, non tanto al cinema, ma nel mercato dell’home video con il boom di vhs noleggiate dalle ragazzine in piena tempesta ormonale. In Italia mi sembra che non se lo cagò nessuno.

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Youngblood è sicuramente un veicolo per il suo protagonista, Rob Lowe, un giovane sex symbol che non riuscì mai a sbocciare davvero: non così bravo da essere ricordato per la sua recitazione, non così carismatico da avere fan disposte a seguirlo negli anni della maturità. Certo l’attore girò almeno tre pellicole molto riuscite, oltre questa: l’agrodolce commedia Class di Lewis John Carlino al fianco di Andrew MacCarthy e una milfissima Jacqueline Bisset, e i thriller Masquerade di Bob Swaim con le fantastiche Meg Tilly e Kim Catrall, ma soprattutto Cattive compagnie di Curtis Hanson al fianco di James Spader. Ci sarebbero anche  da segnare il St. Elmos fire di Joel Schumacher e I ragazzi della 56esima strada, ma non spaventatevi se non vi ricordate di Rob Lowe perché, inserito in film corali, il nostro sparisce, diventa il pollo alla diavola senza peperoncino, un belloccio uguale ad altri, magari meno belli ma con il fuoco della recitazione, elemento importante se non sei in un fotoromanzo della Lancio.

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Qui stanno per rasargli il pube come rito d’iniziazione. Se ci vedete qualcosa di frocio è un problema vostro.

Mr. Lowe negli anni 90, invecchiato, lo si vide in Neavy Seals, anche qui oscurato da tutto il resto del cast, fino a diventare protagonista o comparsa in film sempre meno importanti, una sorta di Ronn Moss meno incapace a recitare, bravo ma non bravissimo.

Qui però il nostro è ancora un giovanotto dalle belle speranze, in un ruolo di ragazzino piagnucolone che grazie allo sport diventerà uomo. Non aspettatevi drammi interiori: la maturità fisica e psicologica di Dean Youngblood avviene grazie ad un allenamento contadino a metà tra il Miyagi di Karate Kid e il Mikey di Rocky con tanto di sacchi picchiati tra balle di fieno, scazzottate col padre sul ghiaccio e tanto body building in mezzo alla cacca di mucca. In questo Spalle larghe è simile ai suoi fratelli sportivi, almeno nella struttura della storia: un perdente che viene umiliato e si allena per dimostrare di essere migliore. L’abbiamo visto con Daniel San e lo vedremo con il Bloodsport di Van Damme da lì a qualche anno.

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In più Rob Lowe è abbastanza discutibile come protagonista: troppo bello per essere un contadino, quasi un proto Zoolander, e troppo effeminato per essere un rude giocatore di hockey. Questi elementi oltretutto hanno generato letture azzardate su una presunta chiave omosessuale del film che vede Youngblood innamorato del suo Patrick Swayze, attaccante di punta della sua squadra. Fortuna noi non siamo così maliziosi e la teoria viene fugata da due momenti che vedono il buon Lowe sollazzarsi con una milfona (Fionnula Flanagan) col vizietto di provare sessualmente i suoi giovani affittuari, ma soprattutto quando soddisfa una sorprendente Cynthia Gibb che vedendola vestita non gli daresti due lire.

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Ma non sei Patrick, l’amore mio!

Tutti noi amanti del cinema, buono o cattivo che sia, la ricordiamo per il suo ruolo di missionaria stuprata in Salvador di Oliver Stone, nel terribile Corto circuito 2 e soprattutto nel Van Damme più sfigato degli anni 80, Colpi proibiti. La scena di sesso con il nostro Lowe è più calda della media dei vari teen movie dell’epoca, con le sue tette magnifiche in bella vista e il corpo atletico che calvalca il nostro probabile cripto gay dalle voglie etero. “Sto venendo Patrick… volevo dire Cynthia!“.

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Anche Johnny 5 ama le tette

In più la bella Gibb dal faccino buffo ma dal fisico wow è anche brava a recitare, sia quando simula le mosse da hockey che quando è alle prese con dialoghi banalmente romantici. Il suo rapporto col padre, un ottimo Ed Lauter in versione coach irascibile, è solo abbozzato, ma è il difetto di un film che tiene il piede schiacciato sull’acceleratore del ritmo dimenticando i suoi personaggi, caricaturali e purtroppo senz’anima.

Con questo non voglio dire che Spalle larghe sia un brutto film, anzi è un ottimo film adolescenziale che da’ quello che ci si aspetta da uno spettacolo popolare: azione, musica cool, drammi sentimentali e divertimento. Un po’ il Top Gun sul ghiaccio.

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All’epoca comunque Youngblood fu oggetto di critiche negative, a queste si aggiunse il totale disinteresse delle più importanti federazioni di hockey che giudicarono l’opera come inverosimile e più attenta alle scazzottate che al gioco. E’ questa una cosa che salta all’occhio per tutti i profani di questa disciplina: sembra fondamentale, per essere un buon atleta, il  saper picchiare a sangue gli avversari. Youngblood non verrà accettato dalla sua squadra finché non dimostrerà di essere anche un tosto attaccabrighe. Questa violenza gratuita che, crediamo non abbia nulla a che vedere con lo sport in generale, la vediamo anche sugli spalti dei tifosi, che inneggiano alla pugna di rito mentre Ed Lauter mena forte gente a caso.

A questo proposito una dei due controfigure di Lowe,  Randy Walker, all’epoca promessa dell’hockey di appena 16 anni, racconta un episodio successo nel finale: “Ricordo molto bene il combattimento col bastone. E’ stato davvero strano. I giocatori di  hockey che recitavano nel film andarono da Peter Markle e gli dissero che non sarebbe mai potuto accadere una cosa del genere in una partita. Aggiunsero che non avrebbe funzionato, che era una pessima idea, ma Markle fu irremovibile“.

Come cattivo di rito abbiamo, al suo secondo e ultimo ruolo, George J. Finn, un energumeno barbuto alto tipo due metri, col vizio di uccidere o paralizzare permanentemente i suoi avversari. E continua a giocare… ok…

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Ti spezzo in due, mezza sega

Il film è in parte ispirato alla vita del regista, Peter Markle (Bat 21), e alle sue esperienze come giocatore di hockey. Lo stesso, per rendere più dinamiche le sequenze di gioco, girò sui pattini con la telecamera a spalla.

Meno abile Rob Lowe che, in diverse interviste dell’epoca, si lamentò della tuta indossata durante le scene: “Odio gli sport che ti fanno stancare solo dopo aver perso tempo a vestirti pesantissimo. Volete vedermi dare il meglio:guardatemi mentre surfo“. Ora lo potete trovare più a cavallo di un’onda che in una produzione rispettabile.

Spalle larghe sconta l’imbarazzo di sembrare un incrocio tra un film sportivo e un film sul ballo, soprattutto quando ha in campo il suo attore principale che si muove e sculetta come una cazzo di Jennifer Beals sulle note di Maniac.

La maggior parte del cast era però composta da giocatori professionisti a cominciare dal padre di Youngblood, Eric Nesterenko dei Chicago Blackhawks.

Spalle larghe comunque fa il suo lavoro di buon film anni 80 d’intrattenimento, una pellicola divertente che ha nel cast oltretutto un giovanissimo Keanu Reeves in duetto con Patrick Swayze ben prima di Point break. Un motivo in più per vederlo, no?

Andrea Lanza

NOTA: In un cinema proiettano il cult slasher, The Slumber Party Massacre, film però del 1982. E’ anche vero che Youngblood fu girato nel 1984 e fu rilasciato due anni dopo.

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Titolo originale: Youngblood

Anno: 1986

Regia: Peter Markle

Interpreti: Rob Lowe, Cynthia Gibb, Patrick Swayze, Ed Lauter, Jim Youngs, Eric Nesterenko, George J. Finn, Fionnula Flanagan, Ken James, Peter Faussett, Walker Boone, Keanu Reeves

Durata: 110 min.

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Yorga il vampiro

16 martedì Apr 2013

Posted by andreaklanza in Recensioni di Andrea Lanza, vampiri, Y

≈ 2 commenti

Tag

cinema, hammer, il conte yorga, recensione, recensioni, robert quarry, vampire lesbiche, vincent price

Non è circolato mai nel nostro Paese in dvd o in vhs questo Yorga il vampiro (e il suo seguito Vampire story), soltanto pochi, rari passaggi tv su reti regionali o la gloriosa TMC (che trasmise pure il cult zombesco La notte di Halloween). Pertanto il film è preceduto da un’aurea di mistero, quando non di miticizzazione che non trovano riscontro nell’effettiva qualità della pellicola. Datato, classicissimo nello svolgimento e diretto senza molto nerbo da un regista non molto dotato con la macchina da presa, il film, a tratti persino noioso, ha un’aria low budget televisivo che stride con le spruzzate sporadiche di sesso e sangue.

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All’inizio sarebbe dovuto essere un horror erotico, ma la casa di produzione AIP decise di trasformarlo in un horror puro azzeccando tra l’altro l’unica idea notevole della pellicola, il contesto moderno, anticipando i Dracula anni 70 della Hammer.Questo non impedì però alla commissione censura di massacrare il film nei momenti più sanguigni e in quelli più pruriginosi, non fermandone però il discreto successo dell’epoca. Bisogna però dare atto che già l’argentino Il sangue delle vergini trasportava il mito del vampiro, ben tre anni prima di questo, in epoca attuale con lo stesso scontro tra fricchettoni, hippies e succhiasangue. La cosa migliore del film è senza dubbio l’interpretazione di Robert Quarry, efficace clone del Conte Dracula di Christopher Lee, con il gusto sia per le belle donne che per l’amore saffico. D’altronde la scena dove due vittime del vampiro si svegliano per sbaciucchiarsi (sequenza sforbiciata purtroppo) davanti ad un interessato Yorga è una delle più incredilbii e gratuite, retaggio probabilmente del progetto originale soft porno. Non che il film del mestierante Bob Kelljan sia da bocciare in toto ma nel complesso non appassiona davvero mai.

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Peccato perchè sequenze come il truce pasto felino di una ragazza infettata o il finale con ettolitri di sangue versato non sono malvagi così come l’idea di un principe delle tenebre con il pallino per l’ipnotismo e l’occulto. La pellicola comunque ebbe un seguito ancora peggiore e, per qualche attimo, si favoleggiò di farne un nemico per il Dottor Phibes di Vincent Price, cosa che naturalmente non accadde. Yorga il vampiro rappresenta comunque quel magico momento dove il cinema non aveva paura a mettere in scena storie di vampiri e mostri con il pedale schiacciato sull’exploitation, come un fumettaccio VM18, e che ha lasciato ora il posto a vampiri asessuati che brillano sotto il sole. Meglio a sto punto Robert Quarry.

NOTA: Esiste pure un capitolo tre spurio sempre con lo stesso attore stavolta nei panni del Conte Khorda. Trattasi di Deathmaster di Robert Danton.

Andrea Lanza

Yorga il vampiro

Titolo originale: Count Yorga, Vampire

Anno: 1970

Regia: Bob Kelljan

Cast: Robert Quarry, Roger Perry, Michael Murphy, Michael Macready, D.J. Anderson, Judy Lang

Durata: 90 min.

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