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Malastrana VHS

~ i film più oscuri e dimenticati

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Natale a 5 stelle

14 venerdì Dic 2018

Posted by andreaklanza in comico, commedia, N, Recensioni di Andrea Lanza

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Tag

Andrea Osvárt, Biagio Izzo, Björn Freiberg, carlo vanzina, enrico vanzina, film, marco risi, Martina Stella, Massimo Ciavarro, Massimo Ghini, natale a 5 stelle, netflix, Riccardo Rossi, ricky memphis, Rocco Siffredi:

Natale a 5 stelle è sbarcato sul cinema 2.0, Netflix, quello che ti permette di gustarti produzioni spettacolari senza muovere il culo dalla sedia, senza doverti sorbire la puzza di popcorn o le risate dei ragazzini davanti agli horror. Meglio o peggio che sia è sempre una comodità in più, la variante del vecchio videonoleggio che, ora come allora, portava film inediti nelle case dei suoi spettatori. Tanto, per tutti gli scettici, non è il caso di invocare la chiusura del colosso dello streaming video, di cominciare con le solite manfrine sul passato più bello del presente, perché, so che la cosa vi scioccherà, con o senza Netflix, i film usciranno comunque al cinema, questa semplicemente è una scelta in più, e come diceva, più o meno, Lestat in Intervista col vampiro, alcune scelte non sono mai state possibili nel passato.

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Detto questo, l’idea di un cinepanettone che sbarca direttamente in tv non mi sembra una novità: sforzandomi con i ricordi mi viene in mente il terribile Natale a 4 zampe di Paolo Costella, anno 2016, con Massimo Boldi, Biagio Izzo, Maurizio Mattioli e Araba Dell’Utri, la nipotina tutto pepe del Marcone nazionale.

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Natale a 4 zampe, altra tv stesse pose

Ad essere, volendo, più interessante è invece il titolo di quest’opera, Natale a 5 stelle, smaccatamente politico, una satira pungente sul nostro attuale governo, soprattutto del movimento grillino.

Naturalmente se non siete stati su una montagna in Tibet negli ultimi trent’anni e conoscete un minimo i cinepanettoni, potete immaginare che la farsa sia davvero all’acqua di rosa, cinica e feroce quanto una replica di Bim Bum Bam. E’ indubbio però che la mente dietro questo ennesino Natale a, Enrico Vanzina, non sia vergine di satire politiche, di ritratti sociali della nostra Italia, dai tempi de Le finte bionde fino al sempre sottostimato Simpatici e antipatici, uno tra le commedie italiane più cattive e al vetriolo dai tempi d’oro di Monicelli.

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E’ nata una stella

Questo excursus televisivo, nato originariamente per essere diretto dal defunto Carlo Vanzina, è una cazzatina ina ina, ma anche una cazzatina di discreta fattura, recitata non pedestremente dalla maggior parte del cast, dotata anche di un buon ritmo.

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I Santi e le visioni mistiche

Certo, tra gli interpreti, ci sono cagnacci che non si possono neppure ascoltare tipo Massimo Ciavarro che sembra un dilettante allo sbaraglio o Andrea Osvárt, solo bella ma totalmente incapace, priva, alla soglia dei quaranta, anche della bellezza dell’asino che, prima o poi, la porterà ad essere solo incapace. Martina Stella fa invece le facce e la sua recitazione non è migliore di quella di un Biagio Izzo, presenza obbligatoria di ogni Natale a, ma per lo meno ha un culo che riporta alla luce le visioni mistiche dei martiri ed è sempre in intimo, visto che il nudo, di prassi, stavolta non è contemplato.

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Andrea Osvárt e le boombastic

A fare la figura dei leoni però ci sono degli ottimi Ricky Memphis e un Massimo Ghini in versione De Sica, attori brillanti dai tempi comici giusti.

Natale a 5 stelle nasce da una magnifica pièce teatrale di Ray Cooney dal titolo Out of order, la quale vanta illustri predecessori cinematografici come il campione d’incassi ungherese A miniszter félrelép del 1997, uscito pure da noi come Fuori servizio.

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Più Vanzina dei Vanzina

La sceneggiatura di Vanzina non è fedele al 100% al suo modello e questo fa sì che, nelle parti nuove, il film tentenni, diventi troppo ingarbugliato e alla fine le risate, che pure ci sono, si smorzano.

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Cagnaccio

Fa male soltanto che dietro la regia di un film, alla fin fine esile esile, ci sia lo stesso Marco Risi che decenni fa faceva cinema impegnato, da Mery per sempre a Il branco, un nome che meriterebbe di più dall’essere un anonimo shooter di cinepanettoni, in questo ruolo né più né meno bravo di un Enrico Oldoini.

L’Italia che ne esce fuori da questo divertissement made in Ungheria non è delle migliori: politici arruffoni, sessuomani, voltabandiera, capaci di passare alla Destra, dopo anni di Sinistra, solo per il proprio tornaconto, ingordi, arricchiti, pusillanimi, intenti a rispondere servilmente alle telefonate dei vari Luigi e Matteo per poi, dopo, fare la voce grossa.

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Fanno pure la comparsa delle pesudo Iene del programma d’inchiesta

Ecco che le migliori battute vengono pronunciata da Martina Stella, deputata PD, eletta solo perché “bona”:

“E’ vero io vengo dall’isola dei famosi, ma da quando ho conosciuto voi, i famosi veri della politica, mi verrebbe voglia di tornare a fare la parrucchiera. Che gente che siete! Pronti a cambiare tutto, a cambiare casacca, ideali, tutto in un battito di ciglia. Povera Italia!“.

Un film imperfetto, non imperdibile, ma che alla fine è uno dei migliori esponenti del necrofilo genere dei cinepanettoni, quello che puzza di meno di carogna, che una risata te la fa’ fare e che alla fine ti alzi dalla tua poltrona senza bestemmie.

Il finale poi con Memphis e Ghini che se ne vanno a braccetto, sputtanati da mogli, amanti e Italia tutta, ma in procinto di fare coming out per riabilitarsi agli elettori, ricorda per la miserabilità dei protagonisti la chiusa de Le finte bionde a Terontola con la stessa neve feroce.

“L’immagine si blocca, la musica sale, continua a nevicare sull’Italia del centro sud”.

Per dirla alla Tarantino anzi alla Beatrix Kiddon: “Questa è quella che si chiama quadratura”.

Andrea Lanza

Natale a 5 stelle 

Anno 2018

Regia Marco Risi

Soggetto Enrico Vanzina, Carlo Vanzina

Sceneggiatura Enrico Vanzina

Interpreti: Massimo Ghini, Ricky Memphis, Andrea Osvárt, Martina Stella, Biagio Izzo, Björn Freiberg, Rocco Siffredi:, Massimo Ciavarro, Riccardo Rossi

Durata 100 min.

Via Montenapoleone (versione tv)

03 lunedì Feb 2014

Posted by andreaklanza in drammatici, Recensioni di Andrea Lanza

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Tag

baci omosessuali, carlo vanzina, carol alt, ciak, enrico vanzina, film 1987, film milano da bere, gay, luca barbareschi, milano da bere, modelle, outing, paolo rossi, recensione, renèe simonsen, sharon gusberti, via montenapoleone, yuppies, zampetti

Sicuramente è sacrosanto infamare i Vanzina (Carlo alla regia ed Enrico alla sceneggiatura) per tutte le brutture, ai limiti del vedibile, fatte dagli anni 90 ad oggi, ma altrettanto ingiusto sarebbe dimenticarsi le cose belle girate negli 80, la loro decade d’oro. Se un loro titolo cult come Sapore di mare è stato abbondantemente rivalutato anche da una critica di vecchi tromboni storici, come il Morandini, rimangono ancora considerati male, se non di più, opere altrettanto riuscite come l’agrodolce Vacanze di Natale, i thriller Mystère e Sotto il vestito niente, lo scatenato Vacanze in America e i sociali Via Montenapoleone, Le finte Bionde e Miliardi.

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Sul piano del successo di pubblico niente da dire: chi più, chi meno, questi film hanno portato tanti soldoni nelle tasche dei due figli di Steno e dei loro produttori. Sul discorso invece della qualità, dagli esperti di settore allo stesso pubblico che ha riempito le sale, tutti sembrano unanimi: gran cazzate. Si fa sicuramente un gran generalizzare perchè è vero che se, anche all’epoca, esistevano filmetti vanziniani come un Montecarlo Gran Casinò, non tutte le opere dei due fratelli erano ad un livello così desolante. Via Montenapoleone è forse il loro tentativo migliore, insieme a Sotto il vestito niente, di approcciarsi a generi diversi che non fossero la commedia di stampo driviniano. Si parla sempre di ricchi, di un’elite sociale di miliardari, modelle e playboy, ma cercando di non calcare la mano, come in Yuppies – giovani di successo, nel grottesco ridanciano: c’è il tentativo di mettere in scena personaggi veri, con i drammi e le gioie della vita comune, anche nella miserabilità di un contesto sociale di apparenza e superficialità sfoggiata come vanto.

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Non esistono poveri nella Via Montenapoleone vanziana, o almeno non sono mostrati, perchè l’occhio di Enrico prima e di Carlo dopo, si concentrano solo sui ricchi e sul loro mondo, fatto di filippini schiavi, di donne poco emancipate e annoiate, di madri cannibali e sesso masticato come chewingum americano. Qui l’occhio dei Vanzina si concentra su 5 storie parallele sullo sfondo della famosa Via Montenapoleone milanese, la strada delle vetrine più chic del capoluogo lombardo, simbolo di una ricchezza ostentata ed elittaria, la stessa che, in ambiente diverso, avrebbe cacciato e riabbracciato la Pretty Woman Julia Roberts a colpi di American Express, come fossero di bacchetta magica. Si affrontano temi importanti, e a loro modo assolutamente inaspettati da un cinema frivolo di stampo vanziano,  come l’omosessualità, senza cadere nel facile clichè della macchietta isterica e coi bigodini in testa alla Michel Serrault. Solo che tutto è lasciato alla superficie: i suicidi sono fuori campo così come le gravidanze che potrebbero sfigurare, e quindi umanizzare, le finte donne, le modelle strafighe che puoi ammirare soltanto sulle pagine di Cosmopolitan. Ecco allora che, in questo mondo alternativo, ad un passo dalla fantascienza, si passa dalla scoperta di aspettare un figlio alla scritta “Qualche mese dopo” con il bimbo già bello che sfornato, e la provetta mamma, bella e sfavillante come nessuna partoriente sarà mai.

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Anche l’outing del giornalista gay Luca Barbareschi viene liquidato quasi subito con uno scambio di battute tra lui e il direttore del giornale (“Ciak”) dove lavora: “Pensavo ti fossi fatto la metà delle mie caporedattrici”, “No ma un paio di redattori si”. Anche il sesso è qualcosa di alieno: quello omosessuale si limita ad un paio di baci in auto, quello etero ad una serie di immagini patinate con la colonna sonora di Phil Collins. E poi le madri, queste madri che soffocano i figli, li frenano della loro libido, ricordano tanto la madre mostro di Braindead di Peter Jackson o la Norma Bates di Psycho: sono ad un passo dall’incesto e quel confine viene superato e pragmatizzato dalle amiche che si rivestono del ruolo di madre e amante, come nell’episodio con Corinne Clery, premurosa nave ammiraglia del figlio di Marisa Berenson, amica del cuore. Tutto però, come recitava Rutger Hauer nel finale di Blade Runner, viene dimenticato “come lacrime nella pioggia”, sia un tradimento, come nel caso di Carol Alt, purchè salvi le apparenze e la famiglia resti intatta. In quest’ottica una brava moglie non dovrebbe lavorare perchè il lavoro spetta agli uomini e il suo valore lo si misura dal saper fare il risotto alla milanese, come ci ricorda l’agghiacciante balia, privata del nome per tutto il film, forse perchè di estrazione popolare.

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L’episodio migliore è senza dubbio quello con Carol Alt che incontra un seducente playboy, un Fabrizio Bentivoglio in versione glamour, che sciorina frasi fatte e occhioni languidi, ma nel privato, come il Patrick Bateman di Brett Easton Ellis, si diverte a filmare le sue donne e dare loro voti in vhs. Il segmento più comico è dato da Paolo Rossi e dalla terribile Sharon Gusberti, che da lì a qualche anno, lei orecchie a sventola e faccia da cavallo, diventerà la rampolla Zampetti, la sega più ambita della tv con I ragazzi della 3C. E’ questo di sicuro il dazio da pagare per gli aficionados vanziniani, un cinema di matrice televisiva, fatto di tormentoni da cabaret e l’ombra del Cavaliere sempre dietro l’angolo. D’altronde nel mondo di cartone di Via Montenapoleone la tv non prende mai la Rai ma solo il Biscione, con i televisori che forse hanno solo il tasto 5 da schiacciare. Il film non ci risparmia poi battute su comunisti e un cammeo di Andrea G. Pinketts in versione bavoso coi baffi. La versione tv dura ben tre ore, ma è più compatta e sicuramente meno criptica di quella uscita al tempo in dvd, con le storie meglio sviluppate. Nel suo genere Via Montenapoleone è un film grandioso, inarrivabile, il punto di non ritorno di un cinema superficialmente impegnato che vedrà un flebile tentativo di ripetersi in Miliardi, ma senza essere altrettanto convincente. E’ cinema urlato, drammaticamente comico, agghiacciante nel farci vedere come alcuni vivevano quei rampanti anni 80, ma anche comunque un film vero, non gli scherzi che Vanzina e soci ci riservano ora. Per chi scrive uno dei cult della sua vita, senza paura di essere preso a pomodori e uova marce: piacevole e scorrevole, girato anche con gusto glamour non disprezzabile, quasi un’esperienza cinematografica, da prendere o lasciare, ovviamente.

Andrea Lanza

Via Montenapoleone

Anno: 1987

Regia: Carlo Vanzina

Interpreti: Carol Alt, Renee Simonsen, Marisa Berenson, Corinne Cléry, Luca Barbareschi, Valentina Cortese, Fabrizio Bentivoglio, Paolo Rossi, Renato Scarpa, Sharon Gusberti, Paolo Tomei, Daniel Gelin, Lorenzo Lena

Durata: 180 min. (versione tv), 104 min. (versione cinematografica)

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